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Cuba, italiani di mezz’età a caccia di ragazzine

Ultimo Aggiornamento: 29/08/2007 17:15
29/08/2007 12:58
 
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Il racconto di una qualsiasi giornata d’agosto a Playa del Este
L’Avana, 29 ago. – “Allora ci vediamo alle nove in piazza della cattedrale” “Hoy?” “Sì, oggi. Ciao”. Questa è solo una delle tante conversazioni che il turista si trova ad ascoltare appena arrivato in spiaggia alle porte dell’Avana in una qualsiasi giornata d’agosto. Ovviamente, il dialogo avviene in italiano.

Le Playas del Este sono una serie di piccole spiagge distanti circa 20 km dalla capitale cubana; niente a che vedere con i paradisi tropicali di Varadero o Cayo Largo, ma si tratta comunque di una bella striscia di sabbia bianca frequentata soprattutto da habaneros, vista la facilità di raggiungere le spiagge in autobus o taxi. Al turista viene di solito consigliata la Playa Santa María del Mar, situata davanti a un hotel e sorvegliata da alcuni poliziotti, di conseguenza più sicura.

Appena arrivati in spiaggia, ci si rende subito conto della massiccia presenza di stranieri: è lunedì, molti cubani lavorano e quindi su un centinaio di persone in tutto è facile notare i turisti. A un secondo sguardo, però, emerge il primo dato curioso: la stragrande maggioranza di questi stranieri sono uomini, di mezza età o decisamente anziani, senza mogli né famiglia. E tutti, immancabilmente, italiani. Il resto della popolazione della spiaggia è composto, a parte qualche famiglia cubana e alcuni gruppi di amici europei, da ragazze locali, generalmente attraenti e disinvolte. E soprattutto giovani, in certi casi giovanissime.

Dopo un quarto d’ora di osservazione il gioco diventa chiarissimo: i vecchi italiani e le giovani cubane si cercano, si parlano, entrano in contatto. Lui le offre da bere, lei gli offre la sua compagnia. Per ora, perché la spiaggia è soprattutto il luogo dove ci si conosce e ci si mette d’accordo per poi consumare qualcosa di ben più consistente alla sera. I termini del contratto non scritto sono evidenti: lui è di mezza età ma benestante, lei è bella e giovane ma anche povera. Domanda e offerta. Ma con uno dei due contraenti che parte in posizione di netto vantaggio.

Magdalena è arrivata in spiaggia con tre amiche. È una bella ragazza mulatta, corpo slanciato, gambe lunghissime. Il viso è grazioso ma non all’altezza del fisico, anche perché porta ancora i segni di un’acne adolescenziale non del tutto sconfitta. È giovane: se è maggiorenne, lo è da pochissimo. Prende il sole, va a fare il bagno, gioca con le amiche, come farebbe una qualsiasi sua coetanea europea. Eppure, sia in acqua che sulla sabbia, iniziano gli avvicinamenti con alcuni degli italiani. Come ti chiami, che caldo che fa, vuoi bere qualcosa, e il gioco è fatto. Non resta che mettersi d’accordo per la serata: l’ultracinquantenne italiano propone “alle nove in piazza della cattedrale”, nel centro dell’Avana Vecchia; Magdalena fa sì con la testa. Lui se ne va, lei resta con le sue amiche. Nessuna di loro commenta. Le altre tre ragazze sono decisamente meno carine e quindi, per le leggi del mercato che in questo paese socialista sembra si applichino solo al mercato del sesso, restano da sole. Non a caso, tra le quattro, Magdalena è l’unica che indossa un bikini firmato.

Intorno a loro lo spettacolo è esattamente lo stesso. Le ragazze, bianche, nere o mulatte, sono per lo più molto carine, parlano qualche parola di italiano, si fanno offrire da bere. Più interessante è osservare i nostri connazionali: qualche quarantenne, ma la maggior parte sono cinquantenni e sessantenni. Qualcuno addirittura settantenne. Presentano tutti i caratteri tragicomici degli anziani che vogliono sembrare giovani: capelli radi ma tinti, costumi di marca che non riescono a contenere le pance, scarpe da ginnastica alla moda con le quali non riescono a correre. Uno spettacolo divertente e patetico: sembra che la ricerca della giovinezza perduta sia pari alla voglia di un’avventura trasgressiva, magari anche con l’illusione di fare del bene e di aiutare, con la propria (interessata) generosità, delle ragazze in difficoltà economica. Colpisce come tutta la giornata balneare di questi signori italiani ruoti intorno all’avvicinamento delle ragazze, con encomiabile dedizione e impiego di tempo e di energie. Da notare che sono ben rappresentati tutti gli accenti della penisola, dal milanese al romano, dal napoletano al torinese, dal toscano al veneto. Nessuno di loro parla uno spagnolo decente, nemmeno chi si vanta di venire a Cuba da dieci anni.

La mia guida alla scoperta di questo mondo oscuro è René, trentunenne affittacamere dell’Avana. Prima di ottenere la regolare licenza che gli permette di ospitare turisti nella sua bella casa del centro della capitale, faceva anche lui il lavoro “sulla strada”, cercando di vendere di tutto ai turisti, dal rhum, ai sigari, alle ragazze; dunque conosce questo mondo alla perfezione. Mi spiega che le jineteras, come le chiamano qui, non sono prostitute di professione, bensì ragazze “normali” che di tanto in tanto si dedicano alla professione più vecchia del mondo per rimpinguare i loro esigui guadagni: a Cuba, infatti, un professore o un medico in media non guadagna più di 30 euro al mese, quindi è chiaro che per una ragazza risulti allettante la possibilità di guadagnarne 50 in un’ora e permettersi così qualche divertimento e sfizio che in Europa o Nordamerica sono l’assoluta normalità. Ma soprattutto la ragazza, continua René, con questi introiti aiuta anche 20 o 30 persone: i genitori, che magari vivono in campagna, la famiglia allargata, nonché il chulo (protettore), che di solito altri non è che il fidanzato o il marito. Insomma, la stessa ragazza che con i suoi connazionali si concede per amore o attrazione fisica, come una qualsiasi donna europea, a contatto con i turisti diventa una prostituta.

Non è il caso di condannarle. Sono ragazze povere che hanno la possibilità di vivere una vita migliore e la sfruttano, approfittando della propria bellezza e del cinismo dei turisti. Va anche detto che a Cuba, per ovvie ragioni, il senso cattolico del “peccato” non è sviluppato come da noi; anzi, come mi spiega il bagnino Miguel, “se stasera ho voglia di una donna e non la trovo gratis, è ovvio che dovrò pagarne una”. Piuttosto che condannare queste ragazze, è forse il caso di fermarci a riflettere sul comportamento dei nostri connazionali, che approfittano della propria ricchezza e della fortuna di essere nati nel lato giusto del mondo per comprare delle giovani donne, incuranti della possibilità che siano minorenni, senza pensare alle conseguenze del loro gesto. Chi scrive non è contrario alla prostituzione in quanto tale, anzi sostiene la necessità di legalizzarla per dare un quadro legale sicuro a chi decide liberamente di esercitarla o di servirsene. Tuttavia in questo caso, data la clamorosa differenza economica tra italiani e cubane (che non si ritrova, ad esempio, tra i clienti e le prostitute legali in Olanda), è francamente difficile parlare di “libera scelta” da parte delle ragazze.

Qualcuno sostiene che il fatto che così tante donne siano costrette a prostituirsi coi turisti sia una chiara dimostrazione del fallimento del regime socialista e del modello castrista. Non è questa la sede per entrare in un dibattito così complesso; qui è sufficiente ricordare che il turismo sessuale è diffuso in molti altri paesi, dal Brasile alla Tailandia, che comunisti non sono. È chiaro che il motivo di fondo non ha niente a che vedere con la politica, quanto con la povertà. Ma allora perché proprio Cuba è diventata una meta così popolare tra chi cerca avventure sessuali? Innanzitutto, bisogna precisare che questa popolarità c’è soprattutto tra gli italiani: infatti mentre per le strade e i musei dell’Avana i nostri connazionali, pur numerosi, sembrano meno degli spagnoli e comunque si mischiano a canadesi, francesi e nordeuropei, nel “mercato del sesso” di Playa del Este si fatica a trovare un turista che non venga dal Belpaese. Ad ogni modo, alla domanda del perché Cuba sia così popolare come meta di turismo sessuale tra gli italiani, si possono solo azzardare alcune possibili risposte: l’affinità culturale e linguistica, la sicurezza e la tranquillità del paese, la bellezza delle ragazze, il basso costo della vita.

La spiaggia è sorvegliata da vari poliziotti; dato che la prostituzione a Cuba è illegale, perché le guardie non intervengono per interrompere le contrattazioni? Mi avvicino a Lloan, agente della Policía Especializada, corpo dedicato alla protezione degli stranieri, polo bianca e pelle nera come l’ebano, e provo a fargli qualche domanda. “Certo che vedo quello che sta succedendo” mi risponde, e mi illustra la sua tecnica: “se oggi vedo una ragazza con un turista non le dico niente, se domani la vedo con un altro lascio correre, ma alla terza volta la porto via; la ragazza viene identificata e le viene notificata una avvertenza di prostituzione, dopo la quale, in caso di recidiva, va direttamente in carcere”. Tuttavia i poliziotti si intrattengono volentieri a chiacchierare con le ragazze, sembrano conoscerle bene; infatti René, la mia guida, mi spiega che gli agenti identificano solo le donne “nuove”, quelle mai viste prima, mentre le frequentatrici abituali della spiaggia se la cavano pagando una piccola tangente agli uomini in divisa. La situazione all’Avana e dintorni è però molto migliorata rispetto a qualche anno fa: si vedono pochissime prostitute per strada, gli affittacamere non permettono ai turisti di portare ragazze in casa, e perfino in spiaggia i contatti avvengono per lo più in acqua. Anche i commenti dei signori italiani, che tra loro si lamentano dei controlli e rimpiangono il permissivismo di qualche anno fa, sembrano confermare l’efficacia del giro di vite governativo. L’impressione, insomma, è che ci sia il desiderio di limitare e contenere il fenomeno, ma manchi la volontà di estirparlo, cosa che comporterebbe la rinuncia all’ingresso di valuta pregiata. E al turista pizzicato con una prostituta cosa succede? “Niente”, mi risponde Lloan, “al massimo, se la ragazza è minorenne, in certi casi viene registrato il suo nome, ma senza conseguenze”.

Gli stessi uomini cubani sembrano abituati al fenomeno. Non sono infuriati con gli italiani, come ci si potrebbe immaginare. René sostiene che “tutti capiscono la situazione economica del paese” e in effetti sono spesso mariti e fidanzati a spingere le proprie donne nelle braccia dei turisti. Addirittura la mia guida mi spiega, tra il serio e l’ironico, che gli italiani sono i più apprezzati tra tutti i turisti, in quanto spendono senza limite fino all’ultimo euro, in souvenirs, rhum, sigari e, appunto, donne. È capitato di sentire un cameriere esclamare “parece su nieta” (sembra sua nipote) in un caso in cui la differenza di età superava ampiamente i 40 anni; ma sembra che tra i cubani prevalga un misto di rassegnazione, attesa per tempi migliori, e disincantata soddisfazione nello spillare soldi ai ricchi occidentali, meglio se senza scrupoli come i nostri connazionali che frequentano le spiagge vicino all’Avana.

A Playa del Este sono ormai le 6 e, nonostante il sole sia ancora alto nel cielo, gli italiani iniziano ad abbandonare la spiaggia; dopo aver passato tutta la giornata a cercare la ragazza giusta, possono andarsene soddisfatti a riposarsi e a prepararsi per la serata, che si annuncia lunga. Le giovani cubane invece indugiano ancora un po’ sulle sdraio: loro non hanno bisogno di molti preparativi, sono già belle. Si può star sicuri che il maturo latin lover questa notte si divertirà. Appuntamento dunque alle nove in piazza della cattedrale. Buona serata anche a te, Magdalena.

di Alessandro Bozzini
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