E NON LO E' NESSUNA DI NOI
Questo post inizialmente volevo destinarlo al mio SVP perché parte da una riflessione su un mio ricordo personale, ma ho deciso di metterlo qui perché vorrei dividerla con voi.
La vigilia dell'orale del mio esame di maturità ero a casa, un po' agitata di mio, ma anche abbastanza tranquilla perché sapevo di avere studiato (aggiungo che mi sono diplomata con il massimo dei voti e mi sono pure laureata con il massimo dei voti e ho vissuto tutta la vita con il massimo dei voti scoprendo comunque che voti che tranquillizzassero mia madre non li hanno ancora inventati). Mia madre non doveva essere tranquilla, forse perché pensava come al solito che non avessi studiato abbastanza, forse perché aveva i suoi pensieri. Fatto sta che quel giorno, mentre stava lavando i piatti, improvvisamente, senza che ci fosse stata nessuna discussione, nessuna cattiva parola tra noi, lei lancia una forchetta contro il muro gridando: bastarda.
Poi si gira da me e mi dice: GUARDALA LA FORCHETTA PERCHE' IO TI FACCIO SALTARE PER ARIA PROPRIO COSì.
E poi si è messa a gridare e a inveire contro di me, tutto il pomeriggio fino a notte fonda. Si è infuriata anche contro mio padre perché lui allora mi difendeva (poi ha smesso) e le diceva di smettere e invece per lei era importante dimostrare che NIENTE E NESSUNO L'AVREBBE FERMATA. La mattina dopo sono andata all'esame, per fortuna sono riuscita a ripassare nei giorni prima perché la vigilia ovviamente non avevo fatto nulla. E pensare che nelle case dei miei compagni vedevo genitori che camminavano in punta di piedi e preparavano enormi merende quando i figli studiavano!
Di quell'episodio non ho sofferto tanto la violenza fisica (forse non ho preso nemmeno un ceffone, mia madre ha smesso di picchiarmi dopo una volta che mi ha fatto dei lividi anni prima) ma ho capito di aver interiorizzato quel senso di precarietà continua, di poter saltare da un momento all'altro COME UNA FORCHETTA lanciata contro il muro.
Una STABILE PRECARIETA' che si è cementata ben dentro di me, che sentivo sempre più forte soprattutto nei momenti in cui ero più felice (e mi sembrava ovviamente di non meritarlo): mi ricordo che i primi tempi che stavo con Marco e non ero abituata a stare così bene, così a mio agio gli dicevo sempre: sento che deve succedere qualcosa di terribile. E lui sempre a ripetermi che qualcosa di terribile può anche accadere (una disgrazia, un evento inatteso) ma non lo si può aspettare e soprattutto non lo si può aspettare in forma di punizione per colpe immaginarie.
Oggi, cose terribili ne sono successe parecchie. Sono arrivati giorni anche peggiori di quello del mio esame di maturità. Sono venuti giorni in cui mi sono lasciata scagliare in aria come quella dannata forchetta. Ma sono sempre qui.
E ho scoperto di essere una donna e non una forchetta.
Sono una donna ferita, colpita, per certi versi ancora simile alla forchetta, ma anche una donna solida, ben piantata sulle sue gambe e ben convinta dei suoi valori.
Lo siamo tutte noi, mi sembrava importante dirvelo. Lo so che molte di voi stanno messe peggio di me, che hanno a che fare con uomini che alla violenza psicologica abbinano una spaventosa brutalità fisica e lì è quasi impossibile non saltare per aria, ma mi sembrava comunque importante dirvelo.
Perché penso che il principio del cambiamento sia nella nostra testa e nel nostro cuore. E forse è bene cominciare a nutrire la testa e il cuore con pensieri di forza, di solidità e non con la continua paura di saltare per aria istante per istante.
Un abbraccio.
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