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SENZA SPERANZA

Ultimo Aggiornamento: 17/06/2009 16:52
06/10/2008 16:02
 
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Mi hanno chiesto di rivolgermi a voi, anche se nutro pochissime speranze di avere un aiuto. Questo perché mi sono gia rivolta a psicoterapeuti, avvocati, centri di aiuto alle donne senza poter cambiare la mia attuale situazione. Credo sia inutile che le persone colte mi dicano che io devo separarmi, che devo farlo per mio figlio, quando IO NON ho la forza di farlo, ne ho il coraggio.
Fino ad oggi nessuno è stato in grado di far scattare in me quella molla che cambierà definitivamente la mia vita. Eppure tante persone ci hanno provato, coi i loro mille consigli e nulla è servito, neppure sapere che il mio comportamento potrebbe provocare danni al mio bambino. Il mio non fan nulla. Perché io per mio figlio sono il suo mondo. lui è un bambino felice. Di questo ne sono certa. Bravissimo a scuola, con mille e più amici, con mille e più impegni che io creo per lui, impegni con me, con gli amici, giochi, feste e sport e tutto quello che è fatto su misura di bambino.
A casa stiamo sempre insieme. Non vado da nessuna parte senza di lui. Mi sembra che mi manchi una parte di me. E lui non fa che abbracciarmi e dirmi quanto mi vuole bene e quanto io sia importante per lui. Il mio bambino con i suoi otto anni e il suo sorriso sempre sul viso.
Poi c’è lui, suo padre. Un ragazzo di quarant’anni. Il motivo del mio malessere, delle mie paure, delle mie ansie, delle mie malattie.
Un uomo o forse no. Un bambino smarrito. Dipendente come la droga dai genitori. Loro il centro della sua esistenza, la verità assoluta. E io, fuori dal cerchio. L’estranea. Quella che non è della famiglia, che non può capire. Anni di silenzi. Di punizioni. Tutte le volte che non ero d’accordo. Tutte le volte che non capivo. Altre volte il motivo non l’ho mai saputo, forse non c’era un motivo. Così mi puniva. Prima l’odio poi il silenzio. Per giorni, settimane. Mutismo assoluto. Dovevo pagare il mio errore. Poi però il perdono. In concomitanza con un acquisto importante, per lui solo per lui. Che teneva i soldi ( per lo più miei ) e gestiva il conto. Così con una macchina digitale nuova, una videocamera nuova, una moto, dei cd, non aveva importanza cosa, l’astio passava come una nuvola trasportata dal vento, allora mi sorrideva di nuovo, era di nuovo lui, simpatico, gentile, e io pensavo che ce l’avevo fatta di nuovo. Non era più in collera con me. Avevo superato anche quell’ostacolo. Poi però le punizioni divennero sempre più frequenti, a volte bastava un niente, che prendessi un suo cd per ascoltare una canzone, se si accorgeva erano guai. Se accendevo il pc, guai se lo scopriva !
Andare in palestra, anche solo avere amiche, no. Avrebbe portato problemi. Altri silenzi. Facevo di tutto per compiacerlo. Ma più facevo più lui era freddo. E se mi guardava con quegli occhi accusatori, potevo morire li sull’istante. Poi la ribellione. Ho detto no. Una volta due. È impazzito. Quanto dolore. Non fisico ma le umiliazioni. I sensi di colpa. Ho iniziato a stare male. Lui mi accusava di aver distrutto la famiglia. Ogni giorno. Ero una donna che aveva umiliato la sua famiglia. Non una brava donna come sua madre. Perfetta in tutto. I genitori mi tolsero il saluto. Avevo fallito. Deluso. Era una donna distrutta. Piangere non bastava, pensai alla separazione, pensai, partirono le sue minacce. Anche di morte. Ma non era quello che mi spaventava. Era il suo giudizio. Il non essere all’altezza. Come quando preparavo un buon cibo. Ore a cucinare e poi lo fissavo. Speravo in un: brava. Ottima pietanza. Ma no. C’è poco sale. C’è troppo sale. Avevo di nuovo fallito. La prossima volta si accorgerà di me. Io che ho vissuto di sogni. Un uomo che mi amasse davvero. Che mi dicesse che sono la donna della sua vita. Che mi chiamasse .. amore…
Così ho fatto un passo indietro. Ho rinunciato alla separazione. Troppo dolore. Lui era felice. Tutto cambiò da allora. Lui vive in casa. Mangia dai suoi. Dorme in casa. Non sa molto del figlio. Sa che esiste, ma null’altro. Non fa spesa, perché mangia dai suoi. A volte gli chiedo aiuto per le spese del bambino. Prima rifiutava. Ora mi passa qualcosa. Ma ogni volta che gli devo chiedere i soldi sto male giorni prima. Mal di stomaco, coliche, vertigini. E poi gli metto un biglietto nella scrivania.
Lo legge. Finge di nulla. Poi dopo giorni o settimane mi da i soldi. Dicendo che non ne ha. Il fine settimana esce con gli amici, credo amici, non so. Esce. Torna all’alba. Non sa che il bambino va i piscina. Non è mai venuto a vederlo. Non sa nulla del figlio. Non sa di me. Della mia grande infelicità. della mia vita concentrata sul piccolo.
Ora viviamo così. Lui dorme in casa, a volte mangia in casa, da solo. Io col piccolo. Non fa null’altro. Gli sta bene così.
E io? Che fine farò ? mi occupo del bambino e i giorni passano. Lentamente o velocemente.
Invecchio. Si. Solo 37 anni mi sento dire. Troppo pochi per morire e troppi per ricominciare.
E poi non c’è il coraggio. Sto li. Vado avanti. Spero che accada qualche cosa che cambi tutto. Ma non accade nulla. Lui ha la sua vita. Sa che esisto. Sa solo quello. Gli basta. Io e il bambino il sabato sera soli a guardare la tv, io e il bambino il giorno di natale soli a giocare. Io e il bambino a pasqua soli. Va bene. Non lo voglio in casa con noi. Chiuso in quella camera. Sento la sua presenza. Mi da fastidio. Solo la notte, lo sento tornare, sento la chiave nella toppa. Mi sento tranquilla. Penso, se accade qualcosa non sono sola. lui controlla il gas. Le finestre. Bene. Ora posso dormire.
A volte la paura. L’ansia. Fortissima. Il cuore che batte forte. Si chiude in gola. Non respiro. Poi quel dolore allo stomaco. La solitudine ai giardini. Le famiglie. I loro sorrisi. Il mio sorriso per mio figlio.

Ora capite che non ho speranza.
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