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Ritratto di signora

Ultimo Aggiornamento: 09/10/2007 16:45
05/10/2007 17:29
 
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Me l'ha fatto ricordare Lilli... Grazie! [SM=g28002]




Henry James, Ritratto di signora
Newton & Compton, 2004
Pp. 482
Euro 15,00




Pubblicato nel 1881, Ritratto di signora è considerato il capolavoro conclusivo della prima fase della produzione di Henry James. Nel 1996 è stato trasportato sul grande schermo dalla regista neozelandese Jane Campion. Al centro della vicenda c’è Isabel Archer, una giovane americana che lascia il suo Paese per trasferirsi in Europa, dapprima in Inghilterra e successivamente in Italia.


Desiderosa di libertà e di conoscenza del mondo, rifiuta due vantaggiose proposte di matrimonio ma, divenuta ricca grazie all’eredità lasciatale dallo zio, finisce per sposare Gilbert Osmond, un egocentrico snob in cerca di denaro, presentatole da un’amica, M.me Merle. Solo alla fine aprirà gli occhi e si accorgerà degli intrighi di cui è stata l’inconsapevole oggetto, messi in atto da questi due ambigui personaggi, quando il suo destino di solitudine e infelicità si è ormai realizzato.

Ritratto di signora presenta le caratteristiche del romanzo di formazione. La sua eroina, infatti, compie il passaggio dal Nuovo Mondo, ai cui valori è stata educata, alla Vecchia Europa, che sarà per lei terreno di esperienze, per scegliere definitivamente quest’ultima.

La storia di Isabel presenta così anche l’incontro-scontro tra due diverse culture, da una parte quella americana, dall’altra quella europea.

Incontriamo per la prima volta Isabel Archer nella sua grande e vecchia casa di Albany, immersa nei libri: questi fino ad ora sono stati il suo unico mezzo di conoscenza della vita, anche se avrebbe preferito «qualsiasi fonte di ispirazione alla pagina stampata». E infatti, lasciata l’America, non tornerà più alla lettura, ma si lascerà affascinare dalla storia, dall’arte e dalla raffinatezza europee.

Il suo occhio attento è sempre pronto a registrare le diverse impressioni prodotte dalla bellezza di Gardencourt, la storica dimora acquistata dallo zio, che a lei appare «come un dipinto realizzato».

Durante il soggiorno a Firenze, il suo entusiasmo per le opere d’arte la commuove fino alle lacrime: vivere in quella città per lei è «quasi come tenere continuamente contro l’orecchio una conchiglia strappata al mare del passato. Il suo perpetuo rombo teneva sveglia la sua immaginazione».

Anche le persone che incontra sono viste come fossero ritratti: Osmond ha un viso che le sembra «non bello ma fine come uno dei ritratti della lunga Galleria degli Uffizi, sopra il ponte», il suo servitore le ricorda «una figuretta del Longhi o di Goya» e sua figlia Pansy «una infanta di Velàsquez».

Ma, a questo proposito, la figura più ricca e affascinante è senz’altro quella di M.me Merle. Non appena la vede, l’impressione che Isabel ha di lei è quella di una dama rinascimentale: la sua figura è tondeggiante e piena, la carnagione chiara, i capelli biondi sono acconciati classicamente «come quelli d’un busto di Giunone o di Niobe», e le grandi mani bianche dalla forma perfetta si muovono abilmente sulla tastiera del pianoforte.

L’incontro con M.me Merle è importante anche perché segna la prima fase del processo di iniziazione della protagonista. In quanto donna matura, anch’essa americana di nascita, ma ormai appartenente al Vecchio Mondo, rappresenta per la giovane amica un modello in cui specchiarsi: Isabel, infatti, ritrova in lei i medesimi valori di libertà e indipendenza che sente dentro di sé, sposati a quella larga esperienza di vita che vorrebbe avere. M.me Merle, «così colta e cortese, così saggia, così comprensiva… e con così poca pompa… assumeva ai suoi occhi una specie di grandezza… ».

Questa eroina jamesiana viene descritta come una creatura dalle aspirazioni illimitate, che non vuole essere «una semplice pecora del gregge», ma vuole scegliere il proprio destino e conoscere «qualche cosa della vita umana più di quello che la gente ritiene conveniente di potergliene dire». Ma poi, contro il parere di chi l’ha resa ricca, dandole così la possibilità di scegliere, e che invano tenta di aprirle gli occhi, sposa Gilbert Osmond.

Henry James la ripresenta dopo un netto cambiamento spazio-temporale: sono passati tre anni e la scena si è spostata a Roma. La descrizione della sua abitazione, palazzo Roccanera, e delle sue sale è funzionale allo stato psicologico della protagonista: dietro la facciata di solennità e di squisita ricercatezza, infatti, quegli ambienti trasmettono una sensazione di aridità e oppressione.

Quando Isabel appare, «alta e splendida», vestita di velluto nero, incorniciata dal vano della porta, produce nei visitatori più o meno estranei l’effetto di un «magnifico ritratto di signora».

Ma attraverso l’occhio attento del cugino, il lettore incomincia a intravvedere la realtà al di là dell’abbagliante quadro. Tutto quello splendore reca in sé un’idea di artificio e costrizione: la massa di drappeggi che il suo passo leggero deve trascinarsi dietro, l’elaborata acconciatura che le stringe la chioma non rappresentano la sua natura, che è semplice e libera, ma qualcos’altro. Ralph vi riconosce Osmond.

Tra le pagine successive, in cui l’autore analizza con grande realismo la sofferenza e la solitudine che si nascondono nell’animo di Isabel, colpisce in modo particolare che il suo slancio verso le opere d’arte e le tracce di storia, se prima significava apertura alla conoscenza e alla vita, ora nasce invece dall’esperienza del dolore; se prima era palpitante attesa della realizzazione di qualcosa di grande, adesso è un rimedio consolatorio. «Aveva eletto la vecchia Roma a sua confidente, perchè in un mondo di rovine le rovine della sua felicità le sembravano una catastrofe meno innaturale. Riposava la sua stanchezza su cose che si erano andate sgretolando da secoli e che pure stavano tuttora in piedi».

Nel finale, la storia si salda specularmente al proprio inizio, Gardencourt: dopo il doloroso addio al cugino morente, Ralph , il bacio di Caspar Goodwood, uno dei pretendenti respinti, suggella l’impossibilità di tornare a desiderare e di emergere dalle «acque senza fondo».

Si conclude così il romanzo, in modo sospeso e indefinito, ma, come riteneva lo stesso Henry James, veritiero, efficace e commovente.


A cura della Redazione Virtuale

[Modificato da Geneshys 05/10/2007 17:30]
06/10/2007 16:30
 
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Grazie
Grazie Gae, per aver riportato questa bella analisi di "Ritratto di Signora".
Ho letto questo romanzo e poi visto il film tanti anni fa.
Bello: mi ha colpito per le sue atmosfere, la descrizione dei personaggi...
Poi l'ho riletto poco tempo fa e mi ha fatta piangere.
Ci ho trovato dentro tante cose nuove, tante cose che prima non avevo colto.
Forse...questa è una delle cose belle che ci donano anche le esperienze più brutte: la capacità di andare più a fondo nella comprensione di noi stessi e degli altri.
Ho capito come Isabel Archer, con tutta la sua intelligenza (che "spaventa gli uomini"!) e la sua grande cultura, diventi per Osmond e per Madame Merle una facile preda, perchè è ingenua, trasparente, fiduciosa.
Isabel non sa leggere tra le righe, non sa cosa sia fare continuamente della "dietrologia": dice quello che pensa e pensa quello che dice e...la cosa gravissima è che, ingenuamente, pensa che anche gli altri facciano così!
Proiettando sugli altri la sua trasparenza, la sua onestà intellettuale e morale e la sua lealtà, Isabel diventa una preda facilissima per Osmond e per Madame Merle, che vivono in un mondo di inganni e bugie (per giunta, inganni che diverse persone conoscono, ma non ne parlano...).
Isabel cade come una pera cotta nella trappola che Madame Merle e Osmond le tendono.
Non potrebbe mai pensare che Osmond la sposi per i suoi soldi! Del resto, l'analisi di Henry James è così sottile che arriva a farci capire che, in fondo, Osmond non la sposa SOLO per i suoi soldi...ne è perfino un po' innamorato (il che non guasta mai, se il fine è il raggiro!)
Sono molto belle le pagine nelle quali viene descritto il progressivo sprofondare di Isabel nella sua gabbia di infelicità e umiliazione.
E' confusa. Non capisce. Sente di essere LEI quella sbagliata.
Del resto, il marito si controlla molto bene, le somministra il suo veleno a piccole dosi, a sorpresa...intervallando il tutto perfino con momenti in cui si propone nuovamente come l'affascinante compagno dei primi tempi!
E' importante notare che Osmond, nonstante tutte le sue astuzie, si svela in realtà abbastanza presto: una persona un po' meno ingenua e innamorata di Isabel lo avrebbe mandato a quel paese praticamente subito.
Quando i due vivono ancora l'idillio del fidanzamento, Osmond sussurra a Isabel qualcosa come: "in questa testolina ci sono ancora delle idee che dovranno andare via!".
E Isabel, la giovane donna che all'inizio ci colpisce per la sua audacia e la sua intraprendenza, abbassa quella "bella testolina" e dà una risposta da brava mogliettina sottomessa...
Mi colpisce la differenza dell'approccio di Isabel con Caspar Goodwood: con lui, Isabel è assertiva, forte, quasi aggressiva. Penso che questo accada perchè Isabel e Caspar hanno in comune la stessa trasparenza, lo stesso atteggiamento chiaro e diretto.
Anche con il Lord inglese, Isabel si mostra ferma e decisa: ma, anche in questo caso, ha di fronte a se' una persona onesta e leale.
Ma...di fronte alle manovre subdole agli inganni di di Osmond e Madame Merle, l'intelligenza chiara e onesta di Isabel non serve: diventa anzi un motivo di fragilità, viene strumentalizzata contro di lei, usata come leva per confonderla e farla sentire in colpa...
Quanti spunti su cui riflettere!
Il finale mi ha sempre lasciata con la bocca amara: Isabel non butta fuori di casa Osmond con tutte le sue inutili carabattole, ma se ne va lei, disperata, distrutta.
Non coglie e non coglierà mai l'opportunità per rifarsi una vita, anzi, per riprendere la sua vita dove l'ha lasciata. Ma resta nella sua gabbia, che ora le appare per quello che è.
Un gesto perfettamente in linea con tutto il personaggio, leale e onesto, ma che, a questo punto, è puro masochismo.
E anche questo è uno spunto su cui riflettere...
L.
06/10/2007 23:09
 
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Non ho letto questo libro,ma legendo come ci parlate appenna avro un po di tempo lo vado cercare. Anche scelta dei libri parla di quelo che viviamo,inverno ho pasato legendo clasici Anna Carenina,Madam Bovari,mi tufavo in atmosfera di quel tempi,eroine tragiche e uniche...ora non riesco concentrarmi neanche per un giornale.
un saluto
09/10/2007 16:45
 
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A proposito di letture...Casa di bambola
A proposito di letture...
anche per me, come per Potucek, i libri sono stati degli alleati molto fedeli. Ho alle spalle un'adolescenza ricca di letture, ma ora neanch'io riesco più a leggere e a concentrarmi. E' una specie di maledizione perché io ho sempre amato moltissimo leggere e studiare e la lettura e lo studio sono state le prime armi con cui mi sono difesa. Sono stati la prima prova che io non ero una nullità.
Studiando ho imparato che farmi interdire non era così semplice come diceva la mamma,che ci voleva una sentenza del giudice.
Leggendo ho imparato che c'è tutto un mondo di emozioni, di sentimenti, che si può, che si deve esprimere.
Comunque, a proposito di letture, ve ne suggerisco una a me molto cara, che ho ripreso in mano su suggerimento di una operatrice del mio centro antiviolenza: Casa di bambola di H. Ibsen.
E' la storia di una donna coccolata e vezzeggiata come una bambola, dal padre prima e dal marito poi, che a un certo punto della sua vita, a causa di una drammatica circostanza, si rende conto di non aver mai avuto possibilità di vivere come una donna vera, di non essere mai stata capita e apprezzata per quello che era. Anzi un suo gesto di generosità le si ritorce contro e le fa capire di dover prendere delle decisioni per diventare responsabile e protagonista del suo destino.
Alla fine, la situazione si ribalta: non è più lei a essere bambola, ma suo marito a sembrare un bambolotto abbastanza scomposto e grottesco...
Certo, si tratta di un'opera teatrale e la nostra vita difficilmente è così perfetta, così densa di gesti clamorosi: però dico solo che la calma, la fermezza, la forza con cui a un certo punto lei decide di prendere in mano la sua vita, anche affrontando il giudizio morale della società in cui vive, sono certamente uno spunto di riflessione importante per noi tutte.
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