Dopo tre anni 1/2 di convivenza e due figli, A. di 2 anni e S. di 8 mesi, mi ritrovo qui a chiedermi chi sia il mio compagno.
Ci siamo conosciuti al lavoro e li' ci frequentavamo da semplici colleghi per anni. Poi la scintilla ed abbiamo deciso di convivere.
Lui voleva al piu' presto un figlio ed io volevo ricostruirmi una vita dopo un matrimonio fallito ed una separazione con successivo divorzio avvenuti 9 anni prima.
Come collega e con gli amici il mio compagno era ed e' sempre molto gioviale, allegro, amicone, attento, generoso (al punto che non riesce mai a dire no, anche quando viene messo evidentemente in difficolta').
Insomma, quasi un "principe azzurro".
I primi tempi di convivenza sembravano procedere bene, mi e' stato vicino e mi ha sostenuta addirittura durante le vicende legali con il mio ex-marito che si sono protratte a causa dell'affidamento della mia primogenita (che ora ha 12 anni).
Poi sono rimasta incinta di A. (cercatissimo ovviamente) e gia' quando ero di pochi mesi ad avevo parecchi disturbi, malesseri che mi rendevano piu' fragile, ecco che il mio compagno iniziava a manifestare dei comportamenti di isolamento (iniziava a stare piu' per i fatti suoi), quando non stavo bene e gli chiedevo di evitare di far venire amici suoi (i miei non erano mai graditi) a casa lui si faceva mille problemi e mi faceva insistere e sentire in colpa.
Ma ogni tanto qualche urlo da parte sua per delle stupidate, avvalorato dalla sua tesi che secondo lui non lo lascio parlare, che sono una "maestrina che sa' tutto", con l'aggiunta di offese personali ed alle persone della mia famiglia o amici non si lasciava attendere. La cosa si stemperava dopo qualche giorno di silenzio reciproco, lui tornava ad avere un comportamento conciliante e con qualche attenzione in piu e cosi' tutto tornava come prima.
Quando c'era da scegliere come gestire il parto lui e' stato fermissimo e non mi dava il suo appoggio quando gli chiedevo di comprendere se volevo essere seguita privatamente da una ostetrica che poi sarebbe venuta in ospedale, visto che la mia prima esperienza di parto e' stata orribile ed io avevo molte ansie e paure. Ma nulla, osteggiata fino all'ultimo. Io comunque proseguivo per la mia strada.
Nasce A., ed i pianti notturni del bimbo lo disturbano e si preoccupa dei vicini al punto che mi costringe a lasciare piangere il bimbo per 40 minuti in sala nella carrozzina per vedere se si calma e capisce che deve smettere (A. aveva 1 mese!!!).
Fortuna che A. e' stato sempre un bravo bimbo ed ha capito da solo che non gli conveniva piangere di notte, addirittura si e' ammalato pochissimo.
Poi erano sempre discussioni quando gli facevo presente che era meglio non giocare con lui in modo troppo rischioso (con movimenti esagerati) o quando cercavo di fargli vedere come gestire la pappa, il cambio, il bagnetto, lui era sempre stizzito e mi trattava male perche' diceva che non aveva bisogno del mio aiuto.
Quando A. aveva 6 mesi ho deciso di trovare un alberghetto nella riviera ligure per 15 giorni allo scopo di stemperare l'atmosfera casalinga tesa: sarei andata con mia sorella, il mio compagno rimaneva a casa.
Ci ha accompagnati e ci e' venuto a prendere, quando l'ho chiamato per chiedergli se voleva almeno passare nel fine settimana a salutarci, ha nicchiato facendomi sentire come quella che piagnucola assistenza (A. era nel pieno dello svezzamento, aveva fatto 3 notti di febbre, mia sorella si era presa un brutto raffreddamento dato che il tempo non era dei migliori purtroppo).
Cosi' le fasi di "bello e cattivo tempo" nel rapporto si sono sempre alternate, non ricordo piu' di 3 settimane di tregua e comunque i nostri rapporti si sono sempre piu' raffreddati.
Nel frattempo le condizioni di mio padre si aggravavano (era malato da anni) e quindi mi sono gestita anche le sfuriate fuori dall'ospedale per delle cavolate, con il bimbo nel passeggino.
Poco dopo mio padre moriva e mi sono scoperta incinta di S. (e' stata cercata comunque, perche' il mio compagno voleva compagnia per A., non voleva che crescesse come figlio unico viziato ed io pure, vista l'esperienza con la mia primogenita), stavolta per il parto ho pensato di affidarmi ad una ostetrica che mi ha seguito in ospedale anche per la nascita di A. ed il mio compagno era piu' che contento.
Piu' il tempo passava e piu' io ero meno disposta a subire le ire del mio compagno e cosi' se provavo a reagire mi sentivo dire che ero io la malata di mente, la pazza furiosa, quella che lo provoca. Mi diceva questo e me lo dice tutt'ora facendosi forte del fatto che conosce fatti del mio passato che riguardano mie predisposizioni verso l'esoterismo e l'astrologia.
Per le vacanze di quest'anno ho voluto con tutte le mie forze portare A. alle terme per curare la sua dermatite atopica, ma anche per questo ho dovuto fronteggiare le continue discussioni con il mio compagno perche' a suo parere erano vacanze troppo dispendiose ed in altre occasioni mi diceva invece che io non facevo abbastanza per trovare una cura alla dermatite atopica (ho addirittura organizzato piu' visite mediche con specialisti di diverse discipline mediche). La cosa che mi ha sfibrata maggiormente e' che ci sono state piu' discussioni in merito ed alla fine sembrava che si arrivasse ad una sorta di compromesso, ma quando ricapitava l'argomento, si ripartiva daccapo come se le precedenti discussioni non ci fossero mai state.
Il giorno prima della partenza per le vacanze, ho avuto parecchie cose da fare e nella confusione del momento, con entrambi i bimbi a casa da gestire mi sono scordata di recuperare il lettino da viaggio a casa dei miei suoceri. Quando lui se ne e' accorto a sera inoltrata, mi ha tacciata di essere quella che non fa' nulla, che le cose le deve fare sempre lui, quella che non contribuisce nemmeno alle spese di casa. In vacanza, per la stanchezza sia fisica che psicologica non sono riuscita a fare discorsi continui e completi per tutta una settimana, poi mi sono ripresa, non senza una rimostranza esplicita del mio convivente che mi ha incolpata di rovinare la vacanza a tutti con il mio umore.
Al ritorno dalle terme pero' ero agguerrita e non avevo piu' alcuna intenzione di subire le sue angherie psicologiche, il suo terrorismo emotivo, cosi' in una discussione di settembre gli ho risposto con gli stessi toni, le stesse parolacce, le stesse offese (le bestemmie no pero'!), ed a quel punto lui ha abbassato i toni (sempre dopo che si e' sfogato pero'!).
A quel punto sembrava deciso a trovare un'altra sistemazione, ma dopo una notte di meditazione gli ho proposto un "decalogo" di buona e civile convivenza finche' non fossimo arrivati a trovare delle soluzioni pratiche (sono ancora in maternita' per S. e non ho NESSUNO che mi aiuti con i bimbi), i bimbi non fossero piu' grandi, come potrei fare da sola con due bimbi cosi' piccoli da gestire? Ma dopo dieci giorni, di nuovo daccapo, con la differenza che stavolta di fronte alle ennesime offese, ingiure, mancanze di rispetto verso me e la mia famiglia ed i miei amici, oltre al fatto che nell'impeto dei suoi modi iracondi ha rischiato di danneggiare fisicamente i miei figli, ho iniziato a sferrargli calci e pugni e lui si e' "difeso" sbattendomi per terra, rompendo una tazza e rischiando di fare del male al bimbo e dichiarando che avrebbe portato subito i bimbi dai carabinieri per denunciarmi.
Dopo questo epilogo pessimo e gravissimo sto cercando di capire cosa posso fare, perche' lui non se ne vuole andare da casa (l'appartamento e' suo, il mio e' affittato e comunque e' piccolo per me ed i bimbi, oltre al fatto che e' lontano dal nido di A.), inoltre con l'affitto del mio appartamento mi pago il mio mutuo. Eppure potrebbe andare a stare dai suoi genitori, che vivono in due in una grande villetta, finche' non riesco a trovare un'altra soluzione.
Per lui e' sufficiente dormire sul divano in sala.
Io non sto bene al ricordo di quanto ci siamo detti e di come abbiamo gestito (violentemente) la situazione, ma io da piu' di un anno ho iniziato a soffrire di coliche gastro-intestinali con dolori lancinanti ed una volta sono dovuta andare al pronto soccorso per farmi somministrare degli antidolorifici perche' ero piegata dal dolore e non smettevo di vomitare: alla fine ho scoperto che urlando e sfogandomi con lui quando mi aggredisce, mi aiuta ad evitare quella spiacevolissima somatizzazione, ma so che non e' questa la soluzione, anzi.
Oggi sono passata dal consultorio familiare di zona per prenotare un'appuntamento con la psicologa per vedere se mi puo' dare una mano: tempo fa' avevo proposto anche a lui di venire, ma non c'e' niente da fare. Ho anche saputo da amiche con cui mi confronto giornalmente che chi ha eccessi d'ira cosi' forti potrebbe avere problemi di tiroide e cosi' l'ho detto subito al mio compagno, lui mi ha risposto con un sms assicurandomi che sarebbe andato dal medico per farsi prescrivere degli accertamenti, ma a distanza di 2 settimane non so ancora nulla e non ho avuto alcuna evidenza concreta della sua intenzione di andare dal dottore.
Una mia cara amica mi ha chiesto cosa provo per lui: sinceramente non saprei, credo che tutti i miei buoni sentimenti e la mia buona volonta' nei suoi riguardi ora siano offuscati e ricoperti da cumuli di rabbia e da tantissimo risentimento per le ingiustizie subite, per quella sensazione di essere stata presa in giro (piu' o meno consapevolmente) dopo che ieri sera, dopo 3 ore di discussione, il mio compagno mi dice: "la responsabilita' della rottura tra noi e' al 98% mia, mi spiace, ma io sono fatto cosi', evidentemente non sono capace di amare".
Che consigli mi date?
Grazie!