00 26/01/2012 21:37
Aiuto...dopo varie riscerche forse sono capitata sul posto giusto. Scrivo se non altro per dar voce alle urla interiori. Sono paralizzata dalla paura. Ho quasi 25 anni, nata in italia ma oserei dire "scappata" all'estero. Sono scappata da un padre che piu che violenza e soldi, non riesce a dare. Da quando ho ricordi (partono tardi, circa dai 10 anni) in casa è sempre stato come in un carcere. Mia madre, drogata, espatrió quando di anni ne avevo 2, e crebbi con papà e la nonna paterna, motivo per cui vivo. Attorno ai 10 anni d età, papà inizia a convivere con la mia attuale madre, a tutti gli effetti. Sarà l inizio della fine della sua vita. Mamma con me è dolce, un angelo, e inizio a chiamarla mamma fin da subito, sembrava non vedessi l'ora, dai racconti di nonna. Qui iniziano i miei ricordi...piano piano le scenate s' intensificavano di frequenza. Non credo sia utile, descriverle, dato che suppongo si conoscano bene le dinamiche della violenza psicologica di un uomo sulla propria convivente e figlia. Tra ansie e paure ed episodi di violenza fisica, il mio io interiore pare voler negare quel che accade. Mi ripeto che mio padre mi vuol bene, xke non mi ha abbandonata come la mia mamma. Che è solo un povero genio incompreso. Nel frattempo porta i soldi a casa, ed io mi convinco che quella è la realtà del mondo: le mogli vanno maltrattate perche valgono poco o niente, le figlie elogiate davanti alla madre. Provo sempre fastidio, ma sopporto. Nonna è felice della loro unione e questo a me basta. Crescendo, la mia adolescenza è anormale, e me ne accorgo. In casa anche un respiro piu profondo dell altro genera scenate apocalittiche; mia madre diventa fredda, vittima dei soprusi. Io smetto di nutrirmi, ma in casa faccio credere di aver la situazione sotto controllo. Prima che sia troppo tardi, mi faccio curare, da sola, tra psichiatri e psicofarmaci. Mio padre al mio dimagrimento, intensifica le scenate. Il tempo passa, la mia solitudine cresce finche capisco che devo salvarmi, se non fosse che per onore della vita e per riapetto per mia nonna, che ha dato la sua per la mia. Decido di andarmene una volta laureata, il tutto con un sottile gioco psicologico, di modo che mio padre creda sempre di avermi dalla sua parte, le cose procedono fino al mio ultimo rientro a casa. Lui è depresso, a quanto dice, e le violenze su mia madre non sono mai state cosi forti. Decido di ascoltarla, di prendere buono il suo appello di salvare la mia vita, e riparto. Ma è impossibile, sono paralizzata in tutto. Vivo con il terrore che la ammazzi, vivo con il terrore della suoneria del telefono, che sia una telefonata....la telefonata. Penso a lei, da sola, con la bestia, e tremo, giorno e notte. Mi colpevolizzo, poichè non riesco a trovare le forze per fare qualcosa, per salvarla..se dovesse succederle qualcosa, per me non ci sarebbe futuro, non potrei convivere con i sensi di colpa. Grazie, perche qui finalmente ho potuto tirar fuori tutto