Uccisa giovane incinta sparita, confessa il padre del bambino

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Geneshys
00lunedì 8 maggio 2006 01:05
Venezia, Jennifer Zacconi, 20 anni, è stata strangolata
Il corpo ritrovato in una fossa, era al nono mese di gravidanza

Uccisa giovane incinta sparita
Confessa il padre del bambino


L'uomo, un barista di 34 anni sposato e padre di due figli
ha indicato ai carabinieri il luogo dove era sepolta dal 30 aprile.

VENEZIA - E' stata uccisa Jennifer Zacconi, la ragazza ventenne di Olmo di Martellago (Venezia) al nono mese di gravidanza, di cui i familiari avevano denunciato la scomparsa il 30 aprile scorso. Ed è in stato di fermo per omicidio volontario e occultamento di cadavere Lucio Niero, l'uomo che secondo quanto aveva riferito da Jennifer prima di sparire, era il padre del suo bambino. Il barista 34enne ha ammesso di aver assassinato la ragazza.

E' stato lo stesso Niero a condurre gli investigatori sul luogo dove era sepolta la giovane: una buca vicino a un distributore di benzina, a Maerne. Il pm veneziano Stefano Buccini ha detto che per domani è stata disposta l'autopsia che dovrà dare indicazioni precise sulle cause del decesso della giovane. Durante l'interrogatorio nel corso della notte, dopo essere stato fermato ieri pomeriggio a Milano, l'uomo ha detto di aver strangolato Jennifer dopo un diverbio scoppiato in auto, nella notte tra sabato 29 e domenica 30 aprile.

Forse la furia omicida è scattata alla richiesta della ragazza di riconoscimento del nascituro o di un qualche aiuto per garantire il suo futuro. La sera di sabato 30 aprile, i due si erano incontrati poco lontano dalla casa di Jennifer, che avrebbe accettato una richiesta di appuntamento dell'ex. Una volta saliti in auto sarebbe iniziata la discussione sul futuro del figlio in arrivo. Una questione che Niero, sposato, non riusciva più a gestire, visto che alla moglie non aveva mai parlato della relazione avuta con la ragazza. Il diverbio era presto sfociato in lite. A quel punto - secondo il racconto dell'uomo - è scattata la molla della violenza. Poi, Lucio Niero ha portato il corpo nei pressi di un'area agricola dove c'erano già delle buche per la coltivazione di piante.

Quella stessa notte la madre di Jennifer aveva ricevuto un sms dal telefonino della figlia, che la avvisava di non preoccuparsi poiché "stava andando a giocare al casinò di Nova Gorica con amici". I carabinieri del Reparto operativo, hanno poi appurato che il messaggio partito quella sera dal cellulare della ragazza localizzava il telefonino in una zona di campagna vicino a Martellago, proprio dove è stato rinvenuto il cadavere.

Per sette giorni le unità cinofile hanno rastrellato senza esito le campagne della provincia di Venezia mentre i sommozzatori dragavano il fondo dei canali della zona. La madre di Jennifer aveva lanciato più volte appelli alla stampa. Un conoscente della famiglia aveva promesso 50.000 euro di ricompensa a chi avrebbe fornito notizie utili al ritrovamento della giovane.

Lucio Niero, sentito immediatamente dai Carabinieri subito dopo la scomparsa della giovane, si era reso misteriosamente irreperibile per giorni, fin quando ieri pomeriggio i militari sono riusciti a rintracciarlo a Milano e a farlo confessare. Il presunto omicida, che, stando alle dichiarazioni del pm, sarebbe molto provato, sia psicologicamente che fisicamente, è stato sottoposto a degli accertamenti medici e messo in isolamento nel carcere di Venezia.

"C'è una montagna che lo schiaccia" ha detto il pm Stefano Buccini. In base ai risultati dell'autopsia potrebbe aggravarsi la posizione di Niero, con la contestazione del duplice omicidio, visto che Jennifer avrebbe dovuto partorire tra poco più di una settimana. Al momento, a Lucio Niero non è stata contestata l'aggravante della premeditazione.

"E' un epilogo molto triste" ha detto il colonnello Adriano Vernole, comandante del reparto operativo dei carabinieri. L'ufficiale ha raccontato che il padre del nascituro, ha ammesso le sue responsabilità solo stamane verso le 5, dopo quasi dieci ore di interrogatorio avvenuto dopo il suo ritorno a Mestre. Poi il viaggio verso Maerne, lo scavo e il ritrovamento del corpo della giovane, segnato da sette giorni di sepoltura.

(7 maggio 2006)

Fonte: Repubblica.it




il.gabbiano
00mercoledì 10 maggio 2006 21:32
Quel che disgusta, oltre l'orribile delitto, è che questa giovane futura madre sia stata sepolta viva.

MA E' ORRIBILE...E' ORRIBILE...E' ORRIIIIIIIIIIIIIIIIIBILEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

Da dove deriva tanta crudeltà, tanto spietato disumano coraggio???

Da dove deriva?

Inoltre chiedo:

CHE COSA PENSATE SIA POSSIBILE FARE PER IMPEDIRE TRAGEDIE TERRIFICANTI COME QUESTE?

Qual'è la molla che fa innescare certi meccanismi e quali i freni per scongiurare fatti da horror come questo?

Tanti saluti

Il Gabbian
disalmastro
00giovedì 11 maggio 2006 01:16
grazie...
Poni domande impegnative alle quali si possono dare risposte incomplete.
Ci interroghiamo sulla "malvagità" dell'Uomo da secoli. Dobbiamo accettare che l'aggressività è insita, e che se non ben contenuta, o se vuoi controllata, essa si dipana in un crescendo di inesauribile forza, fino ad arrivare a scempi di questo genere per trovare il suo compimento.
Le risposte? sempre nella storia di ognuno di noi, sempre nel "romanzo" della propria vita di cui non siamo i soli artefici:in esso confluisono una complessità di fattori(famiglia, rapporti amicali,scuola,lavoro,"società") che determinano il crescere ed il forgiarsi dell'identità di ogni singola persona, dando come risposte gli atti, le azioni, ossia i risultati.
Come fare perchè ciò che sentiamo e vediamo di tanto terribile possa essere interrotto? Forse operando proprio su quella complessità di fattori che fanno scrivere ad ognuno di noi il proprio romanzo. Ci fosse un unico rimedio avremmo sicuramente anche capito e risolto la risposta alla violenta inaudita di questa aggressività. Dobbiamo lavorare ed ancora lavorare sull'uomo, sulla famiglia e sulla società che accoglie l'uno e le altre. Mai stancarci in questo lavoro, mai farsi prendere dallo scoramento, mai far si che la rabbia, che istintivamente sentiamo nascere dentro di noi a fronte di tali eventi, sia essa a condurci. Avere la capacità, cosi' come hai fatto Tu, anche urlando, di porci le domande e di avere la voglia di cercare le risposte.
Non sono "matti" quelli che compiono tali gesti, il più delle volte (quasi sempre) hanno capacità di intendere ciò che fanno e di volerlo.Definirli "matti" ci allontana da quel mondo di aberrazione e ci fa stare un pò più tranquilli ("quello è matto, per questo ha fatto ciò.Io non lo sono e non mi potrà mai capitare"). Sono persone che, probabilmente agli occhi di chi li circonda appaiono "normali"...forse perchè non siamo sufficientemente attenti a cogliere i segnali di pesanti disagi e disconferme che autori di questi gesti cosi' estremi, comunque manifestano? E' necessario lavorare soprattutto con i piccoli e con gli adolescenti, solo intervenendo con programmi educativi seri e ricchi di valori non fittizi o se vuoi, mercificati, possiamo sperare concretamente che questi avvenimenti trovino sempre maggiore contenimento.

Risposte incomplete e che aprono a nuovi interrogativi ....
grazie IlGabbiano per lo stimolo alla discussione [SM=g28002]
disalmastro

[Modificato da disalmastro 11/05/2006 1.19]

il.gabbiano
00giovedì 11 maggio 2006 11:52
Re: grazie...
Scritto da: disalmastro 11/05/2006 1.16
---------------------------
> Poni domande impegnative alle quali si possono
> dare risposte incomplete.
> Ci interroghiamo sulla "malvagità" dell'Uomo da
> secoli. Dobbiamo accettare che l'aggressività è
> insita, e che se non ben contenuta, o se vuoi controllata,
> essa si dipana in un crescendo di inesauribile
> forza, fino ad arrivare a scempi di questo genere
> per trovare il suo compimento.


Dobbiamo accettare che l'aggressività è insita e che se non ben controllata arriva a scempi di questo genere?
NON riesco a crederlo, perchè se lo credessi ciò mi porterebbe a diffidare di chiunque ed a vederlo come un potenziale pericolo.
Mi preoccuperebbe di continuo la tenuta del suo contenitore e l'eventuale sua verifica si renderebbe costantemente necessaria.
Suppongo che sarebbe un vivere sulle spine.



> Le risposte? sempre nella storia di ognuno di no
> i, sempre nel "romanzo" della propria vita di cui
> non siamo i soli artefici:in esso confluisono una
> complessità di fattori(famiglia, rapporti amicali,scuola,lav
> oro,"società") che determinano il crescere ed
> il forgiarsi dell'identità di ogni singola persona,
> dando come risposte gli atti, le azioni, ossia
> i risultati.


Questo ragionamento è già più convincente. Allora c'è qualcosa che non va in quei "complessi fattori" che "confluiscono...nel romanzo della propria vita"?
In quali di questi fattori (famiglia, amici, scuola, lavoro, religione, società etc.) bisognerebbe ficcare il naso, per appurare in che modo l'eventuale influenza è portatrice di aggressività e di violenza?
Quale di questi fattori può spingere un essere umano a cotanta malvagità? Esiste una ragione per cui ad un certo punto un essere umano decida di ricorrere ad inaudita violenza?



>....Sono persone che, probabilmente
> agli occhi di chi li circonda appaiono "normali"...forse
> perchè non siamo sufficientemente attenti a cogliere
> i segnali di pesanti disagi e disconferme che autori
> di questi gesti cosi' estremi, comunque manifestano?



A me, riflettendoci un tantino, bene o male, è parso di cogliere uno di questi fattori nell'espressione di Geneshys quando recita:

"Forse la furia omicida è scattata alla richiesta della ragazza di riconoscimento del nascituro o di un qualche aiuto per garantire il suo futuro. ... Una volta saliti in auto sarebbe iniziata la discussione sul futuro del figlio in arrivo."

Non trovo ancora in questa legittima aspirazione della ragazza il movente per la violenza. Credo che sia naturale per un padre riflettere sul futuro dei propri figli. Perchè non avrebbe dovuto farlo quel signore, almeno razionalmente?


Aggiunge Geneshys:

" Una questione che Niero, sposato, non riusciva più a gestire, visto che alla moglie non aveva mai parlato della relazione avuta con la ragazza. Il diverbio era presto sfociato in lite. A quel punto - secondo il racconto dell'uomo - è scattata la molla della violenza."


E' in questo fattore che a me pare di intravvedere lo spunto per la violenza. Il non aver visto via d'uscita da una situazione che forse in circostanze diverse (ad esempio da scapolo) l'avrebbe indotto ad una soluzione condivisa.
In quel momento la codivisione gli dovrebbe essere apparsa impossibile, per la ricaduta che essa avrebbe potuto avere in campo sociale e familiare. Forse la paura ed il terrore di dover
rivelarsi a moglie e figli ed al'intera famiglia in una veste diversa da quella che, forse, fino a quel momento aveva costruito in modo diverso.
Certo, i forse potrebbero essere tanti.
Mi chiedo però, indipendentemente dai tanti forse:
La violenza era lì, già presente, in quel contenitore, pronta a sbottare? Avrà ragionato che quella fosse l'occasione buona per esprimere la violenza accumulata?
POTREBBE ESSERE, MA STENTO A CREDERLO.
Suppongo che il timore di perdere la faccia, la paura per la figura che avrebbe fatto, il rendersi cotto d'aver sporcato la sua apparente immagine d'uomo d'una certa statura morale, la preoccupazione di dover nascondere tutto ciò etc., può averlo condotto a quella scellerata decisione.

Naturalmente è un'opinione fra le tante, tuttavia si riconduce al senso di vergogna e di smarrimento e delle relative giustificazioni accampate in quel dramma vissuto dai biblici primogenitori Adamo ed Eva.
Le ragioni hanno sempre dei presupposti su cui si fondano, così come l'ignobile scelta di ricorrere all'annullamento di chi può mettere a nudo la propria immagine, azzittendolo per sempre.

Potrebbe essere che, secondo la mia opinione, si debba riflettere su questi nessi di causalità fra la gestione del prima della violenza e quelli del dopo. Se solo avvesse avuto in quel momento la consapevolezza che sarebbe stato comunque scoperto, probabilmente avrebbe tentato una strada diversa, più conciliante.

Sarà che la preoccupazione per la propria immagine, costruita secondo un modello predefinito, secondo una moralità impraticabile per la creatura umana, alla fine sfoci in atti delittuosi, del tipo "costi quel che costi" se a me serve per apparire senza macchia a quelli che a me sono cari e che sono abituati a vedermi con un'immagine sana?
Sarà che questa società debba modificare un tantino il concetto di immagine individuale e quello di macchia, soprattutto in presenza di due persone che accettanto consenzientemente di amarsi?

Non so, ma queste sono alcune considerazioni che faccio ed alcuni interrogativi che mi pongo. Non so voi


> E' necessario lavorare soprattutto con i piccoli
> e con gli adolescenti, solo intervenendo con programmi
> educativi seri e ricchi di valori non fittizi o
> se vuoi, mercificati, possiamo sperare concretamente
> che questi avvenimenti trovino sempre maggiore
> contenimento.
>
> Risposte incomplete e che aprono a nuovi interrogativi
> ....


CONCORDO



> grazie IlGabbiano per lo stimolo alla discussione
> [SM=g28002]
> disalmastro




Grazie comunque della tua preziosa risposta e del tuo gran garbo.

Il Gabbiano



[Modificato da il.gabbiano 11/05/2006 11.55]

Pedagogista
00martedì 23 maggio 2006 19:23
Condivido in pieno l'affermazione di Disalmastro sul lavoro, importantissimo, che va fatto con i più piccoli. Da pedagogista credo fermamente nella prevenzione, ed ho sempre cercato di lavorare, all'interno delle scuole con i bambini sull'interiorizzazione di valori quali onestà, responsabilità, altruismo, tolleranza, fratellanza, amore disinteressato. Credo che il dramma più grande nella crescita di un bambino è vivere in un nucleo familiare malsano, che lo porti un giorno ad essere un adulto pericoloso, protagonista di tutta quella violenza che probabilmente ha sempre visto consumarsi in famiglia. Con questo non giustifico ASSOLUTAMENTE i pedofili dei quali si dice essere stati a loro volta vittime di violenza, gli stupratori in genere, gli uomini violenti, e quantaltro. Affermo solamente che una buona, efficace e, soprattutto, continua azione preventiva che inizi già a sei anni 8 se non prima ) e copra tutta la fase adolescenziale di un individuo potrebbe aiutarci a capire quanto l'educazione influisca nella crescita di un bambino e quanto invece gioca un ruolo importante la componente genetica, sicuramente da non sottovalutare. Nessuno di noi, purtroppo, possiede una bacchetta magica per porre fine davvero a tutto il dolore e le atrocità che esistono a questo mondo. Magari fosse il contrario. Dobbiamo cercare di adoperarci un pò tutti, chi con la propria professionalità, chi con la propria sensibiltà, non scoraggiandoci mai, al fine di capire ed operare per far diminuire questi assurdi fatti di cronaca, per tentare quantomeno di migliorare l'umanità; una umanità, lasciatemelo dire, a cui manca la presenza di Dio nel cuore [SM=g27998] ........
il.gabbiano
00martedì 23 maggio 2006 22:52
Re:
Scritto da: Pedagogista 23/05/2006 19.23
Magari fosse il contrario. Dobbiamo
> cercare di adoperarci un pò tutti, chi con la propria
> professionalità, chi con la propria sensibiltà,
> non scoraggiandoci mai, al fine di capire ed operare
> per far diminuire questi assurdi fatti di cronaca,
> per tentare quantomeno di migliorare l'umanità;
> una umanità, lasciatemelo dire, a cui manca la
presenza di Dio nel cuore [SM=g27998] ........
---------------------------

Il tuo intervento è senza dubbio interessante.
Ma fino a che punto il lavoro di alcuni educatori, o di tutti quelli che hanno buona volontà, può servire a limitare il problema?

Parli di famiglie perbene e di famiglie malsane. Ritieni che chi viva in famiglie malsane possa essere potenzialmente pericoloso.
Questo sarebbe vero se chi si abbandonasse alla violenza provenisse solo da famiglie malsane. Ma non mi pare sia così. Ci sono molti membri di famiglie perbene, consolidate, che sfuggono alla regola e sorprendono per i loro atti criminosi.

A me è parso, ma è una mia opinione, che Geneshys abbia colto nel segno quando ha recitato:

"Forse la furia omicida è scattata alla richiesta della ragazza di riconoscimento del nascituro o di un qualche aiuto per garantire il suo futuro. ... Una volta saliti in auto sarebbe iniziata la discussione sul futuro del figlio in arrivo...
Una questione che Niero, sposato, non riusciva più a gestire, visto che alla moglie non aveva mai parlato della relazione avuta con la ragazza. Il diverbio era presto sfociato in lite. A quel punto - secondo il racconto dell'uomo - è scattata la molla della violenza."

Il mio commento è stato:

"E' in questo fattore che a me pare di intravvedere lo spunto per la violenza. Il non aver visto via d'uscita da una situazione che forse in circostanze diverse (ad esempio da scapolo) l'avrebbe indotto ad una soluzione condivisa.
In quel momento la codivisione gli dovrebbe essere apparsa impossibile, per la ricaduta che essa avrebbe potuto avere in campo sociale e familiare. Forse la paura ed il terrore di dover
rivelarsi a moglie e figli ed al'intera famiglia in una veste diversa da quella che, forse, fino a quel momento aveva costruito in modo diverso."


Giorni fa ho letto un'intervista al professor Sergio Martella, psicoterapeuta, il quale mette il dito, a parer suo, su una possibile causa del danno cui ci stiamo riferendo:

"Nel constatare quanto in Italia sia evidente tale carenza, stiamo cercando di coinvolgere in un progetto unitario coloro che a buon diritto intendono mettere la loro professionalità al servizio di un obiettivo di indagine. Nella mia attività professionale e clinica ho avuto modo di verificare e raccogliere una serie di connessioni tra modalità formative che tendono a deprimere l'identità psico-affettiva nella costituzione evolutiva della persona e le inevitabili conseguenze nella determinazione del destino individuale e sociale dell'uomo. Il mondo reale è, infatti, una rappresentazione di ciò che è stato impresso nella fase costituente dell'Io. La psicologa svizzera Alice Miller, per esempio, ne "La persecuzione del bambino" [1] cerca con ansia di mettere in guardia gli educatori dagli effetti della pedagogia nera della religione. Ma ogni appello alla razionalità è utile solo se possiamo educare a riconoscere gli stili formativi che producono un accumulo di cattiveria, di distruttività e di infelicità nell'uomo. L'insegnamento cristiano è falsamente improntato all'amore universale: basta guardare il simbolo genetico del cristianesimo, il crocifisso e ciò che esso rappresenta, per capire la componente di ambivalenza sadica e masochista che questo "amore" veicola nell'inconscio dei bambini. Il sacrificio come premessa, l'esordio della vita nella colpa, l'inquietante percezione di un uso distorto dell'autorità del genitore, equiparato a dio, nell'espropriare il corpo del figlio e nel farne l'oggetto da distruggere per le proprie incarnazioni mistiche. Infatti, secondo il racconto cristiano: la trinità familiare si incarna nel ruolo del figlio, il quale viene destinato al martirio ed al sacrificio per la salvezza dei suoi stessi assassini e dell’umanità."

www.arte-e-psiche.com/M_A/si_pu%F2_uccidere.htm

Cosa ne pensate?

Può essere che retaggi culturali e religiosi possano ingenerare momenti di violenza?

Tanti saluti

Il Gabbiano





FidelisAdmin
00mercoledì 24 maggio 2006 12:13
Caro amico t'invito calorosamente a non postare discussioni che sono dichiaratamente anticristiane e che provengono da un portale web anch'esso anticristiano...

Ti ricordo, ma forse non ne sei a conoscenza, che la nostra Associazione si fonda su quei propositi cristiani, che nel tuo post sono additati come fattori scatenanti di potenziali violenze.

Invito infine tutti ad aver maggior rispetto delle confessioni religiose, cosa che evidentemente è venuta meno, a non cercare sempre le risposte in Dio, ma in primis nel comportamento umano...

Pertanto, invece di creare potenziali polemiche, che nulla hanno a che vedere con lo spirito del forum, spero che in futuro si alienino da questo spazio di assistenza alle donne congetture e astruserie di ogni genere...

Spero di non dover ritornare più sull'argomento,in caso contrario sarò costretto a rigirare la questione in redazione e chiudere la discussione.

Saluti
Gae
ValeAbigail
00mercoledì 24 maggio 2006 19:02
Ho letto con attenzione tutto ciò che è stato postato in questo topic, compresa la domanda posta da il.gabbiano nel suo ultimo intervento. Il mio pensiero si allinea alla perfezione con quello di Gae, amministratore di questo forum, che ha come fine primario quello di diventare un punto di riferimento per le donne in difficoltà (vedi il suo nome stesso) e, ancora, si fonda su basi cristiane.

Un saluto, augurandomi che l'argomento di discussione non sfoci in polemica...
il.gabbiano
00mercoledì 24 maggio 2006 21:07
Non era mia intenzione richiamare l'interesse sulla questione in termini anticristiani o antireligiosi, nè ho interesse alcuno a farlo.
Volevo semplicemente dar risalto al fatto che certi sensi di colpa e certe conflittualità potrebbero sorgere anche dall'accettazione passiva di luoghi comuni, come quella che ha voluto che le nostre mamme, in ottemperanza alla norma della sottomissione religiosa ed al riconoscimento dell'uomo come capo, abbiano subito per questa ragione soprusi e violenze.
Ancora, in molti luoghi, vige questo modo di pensare, che è causa di sofferenza e dolore per molte donne.

Forse l'accostamento al nesso fra educazione religiosa e comportamenti sociali, così come illustrata dallo psicoterapeuta, è stato molto forte, ma io vi ho visto una ricaduta in linea DI PRINCIPIO in ordine al sociale, più che l'esempio illustrato in sè...me ne scuso per l'uso che è stato evidentemente frainteso. Vorrei comunque chiarire che non ho pregiudizio per gli atei, nè tantomeno per i religiosi in genere, nè penso che perchè uno sia ateo tutto ciò che dice non abbia valore. Non ho alcuna intenzione di offendere nè atei, nè religiosi.

Grazie comunque

IL Gabbiano






FidelisAdmin
00giovedì 25 maggio 2006 12:12
Appare evidente che il ragionamento della psicologa così come si sviluppa ha ben poco da essere frainteso... è chiarissimo... per non parlare della provenienza.

Comunque sia apprezzo la tua replica che spiega in altri termini il tuo pensiero.

Mi scuso ancora con i lettori per questa discussione.

Un saluto
Gae

[Modificato da FidelisAdmin 25/05/2006 12.13]

Pedagogista
00giovedì 25 maggio 2006 23:46
Vorrei tornare al discorso antecedente le ultime affermazioni, relativo all'importanza dell'attività preventiva svolta nei riguardi dei più piccoli. Ho sempre valorizzato la formazione nei bambini, l'educazione continua perchè è da li che bisogna partire per formare un adulto. Sicuramente gioca un ruolo fondamentale in ogni individuo la componente genetica e ne abbiamo varie testimonianze ma se un bambino, appena nato, viene affidato ad una famiglia nella sua crescita quanto verrà influenzato dai suoi geni e quanto invece sarà il risultato di una efficace azione educativa da parte dei genitori. C'è una bella differenza tra carattere e personalità: il primo fa parte di noi, la seconda invece si forma giorno dopo giorno. Spero che almeno questo non mi venga contestato, anche perchè è provato e comprovato. Ora, alla luce di tutto ciò, diventa fondamentale intervenire nella vita dei più piccoli ma con costanza e perseveranza, attraverso efficaci strumenti pedagogici al fine di saldare in ciascuno di loro i valori fondamentali della nostra società. Mi rendo conto degli interrogativi che alcuni, come il gabbiano, si pongono circa il perchè allora anche figli di famiglie perbene spesso agiscono in maniera violenta ed anche,a questo punto, inaspettata; vorrei rispondere sottolineando che, in ogni singolo caso, bisognerebbe sempre e comunque andare alla radice dell'evento, quante famiglie apparentemente ben strutturate, con un vissuto sereno, nascondono drammi latenti,situazioni davvero gravi all'interno del nucleo, insospettabili persino dagli amici più intimi. Nella mia ancora breve professione di pedagogista, credetemi, ne ho conosciute tantissime di queste famiglie e vi assicuro, anche se è triste dirlo, che nel 70% dei casi era proprio li che avevano origine le cause di tanti drammi.....Oggi ciò che manca alle famiglie sono i valori di un tempo, il senso dell'amore vero, del sacrificio, delle rinunzie, delle piccole gioie così come anche i dolori; oggi alle prime difficoltà si decide per il divorzio, non si dedica più del tempo ai propri figli ( quando si arrivano a fare ), i genitori sono sempre più presi dalla carriera e per niente attenti alla famiglia, ai figli si cerca di dare tutto in termini economici ma nulla come tempo da dedicare loro. Cosa accade in questi casi? che i figli, non avendo punti di riferimento in casa, li cercano altrove magari in persone sbagliate, amici che poi alla fine non sono tali.Sento di poter fare queste affermazioni perchè vivo quasi giornalmente queste realtà con giovani tra i 13 e i 21 anni, ragazzi che testimoniano di aver trovato rifugio nella droga, nell'alcool.... e credetemi quando dico che l'apparenza tante volte inganna. Sicuramente non è il solo fattore potenzialmente scatenante tanta agressività, ma poi significherebbe entrare nella sfera psichica, mentale più intima dell'individuo, che tra l'altro non rientra più nelle mie competenze. Dico solo, e con questo concludo, che sono tantissimi le cause che stanno alla base di tanti drammi che si consumano nella vita di tanta gente e che il compito dei professionisti designati a quel singolo caso è farsi carico realmente di tutta la storia e partire sempre dalle origini da cui ha avuto origine la tragedia; allo stesso modo responsabilità principale di medici, legali, operatori sociali è quella di studiare, e non smettere mai di farlo il comportamento umano, tentando quantomeno di poter cogliere sul nascere i segni di un disagio che il più delle volte degenera in patologia psichica.
il.gabbiano
00venerdì 26 maggio 2006 10:55
Re:
Scritto da: FidelisAdmin 25/05/2006 12.12
---------------------------
> Appare evidente che il ragionamento della psicologa
> così come si sviluppa ha ben poco da essere frainteso...
> è chiarissimo... per non parlare della provenienza.

Ti prego di accogliere queste poche mie riflessioni, dopodichè, piuttosto che sentirmi violato nelle mie libertà di pensiero e di opinione, preferisco abbandonare il forum, in particolare se ciò che scrivo è visto controcorrente.

Quando io mi rivolgo alla medicina ufficiale per curare un male, le spiegazioni che mi danno sul male, e ciò che si può fare per debellarlo, sono pressochè unanimi (lasciamo poi perdere le capacità intellettive e manuali del medico che deve di fatto operare).

Se il mondo della psicologia, della psicanalisi, della psicoterapia, proviene dalle stesse università, mi chiedo come mai poi si fanno queste differenze, e mi si chiede di stare attenti a certe astruserie, come se il comune cittadino dovesse a priori conoscere la differenza che corre fra una scuola di pensiero ed un'altra ed essere all'altezza di scegliere.
Fra l'altro non è la prima volta, nè il primo, ad esprimersi come lo psicoterapeuta contestato.
Ed io cosa devo pensare?
Non ho la tua professionalità per distinguere il buon teapeuta da quello pericoloso. Sono un comune mortale, che spera nella medicina per la soluzione dei mali che affliggono questa umanità.
Se poi mi si dice che non esistono responsabilità religiose a priori, allora, se in quel mondo vivono solo persone in buona salute, consigliamolo a tutti, abbiamo così risolti i nostri problemi.

Ciò detto, mi va di aggiungere che personalmente non condivido, anche se non discrimino, la scuola di pensiero dello psicoterapeuta citato. Mi sembra però che frange di cristianesimo consistenti vedano di buon occhio quel tipo di scuola.
Non sono nemmeno dell'opinione dell'amico Pedagocista, di cui condivido gran parte della diagnosi comportamentale e che ringrazio, sul fatto che dei geni possano trasmettere, si fa per dire, il virus della violenza, come se ci fossero persone che nascono programmate in quel modo, o potenzialmente programmate.
Condivido molto di più la differenza fra caratterialità e personalità, che sono concetti diversi, a parer mio, dall'ereditarietà, con la quale avrebbero, sempre secondo me, poco o nulla da spartire in fatto di formazione della coscienza.
Ognuno ha le proprie opinioni, che però si dovrebbero poter condividere senza pregiudizio.

Ora mi sento di dire d'essere stato spesso testimone di sofferenze e di violenza originate dall'appartenenza religiosa.
Chiedo all'amico che mi ha rimproverato l'intervento, se queste donne, per queste ragioni, abbiano o meno diritto al rispetto della loro dignità e della loro persona, oppure se a loro sia precluso far sentire il loro grido di dolore, grido che farebbe affiorare l'assurdità di alcuni concetti religiosi.

Qui concludo il mio intervento, nella speranza che venga valutato per le sue intenzioni e non per l'adesione a questo o a quella
scuola di pensiero. Fondamentalmente però, riconosco che tutto il pensare è espressione della mente umana, ed in quel pensare, qualunque esso sia, si annida spesso il bene ed il male.

Con stima

Il Gabbiano




FidelisAdmin
00venerdì 26 maggio 2006 14:17
Ora mi sento di dire d'essere stato spesso testimone di sofferenze e di violenza originate dall'appartenenza religiosa.
Chiedo all'amico che mi ha rimproverato l'intervento, se queste donne, per queste ragioni, abbiano o meno diritto al rispetto della loro dignità e della loro persona, oppure se a loro sia precluso far sentire il loro grido di dolore, grido che farebbe affiorare l'assurdità di alcuni concetti religiosi.


Io ho rimproverato l'attaco ai valori cristiani che sono tutto, a mio avviso, tranne quello che ha sottolineato la psicologa svizzera...

Nella mia replica mi sembra di aver chiarito che ho apprezzato il tuo secondo intervento, che condivido in pieno, giacchè la la religione è,tante volte, fonte di discriminazione o violenza contro le donne... tutto ciò non si può negare.

Detto questo credo che nessuno ti abbia tolto la parola, infatti il post da te inserito ancora è perfettamente leggibile da tutti.

Però forse ci dovremmo occupare maggiormente di chi soffre, delle persone reali, quelli che vivono il dramma...

Infine ringrazio tutti per la presenza al forum e per la partecipazione costruttiva...

Un saluto
Gae

[Modificato da FidelisAdmin 26/05/2006 14.18]

Pedagogista
00venerdì 26 maggio 2006 19:38
Volevo rispondere al Gabbiano circa la componente genetica nella crescita di un bambino: allora il fattore gene influenza la persona a livello caratteriale; a tutti, credo, sia capitato nella vita di sentirsi paragonato ad un genitore od un parente, ma ciò non ha nulla a che vedere con avere nei geni la predisposizione alla violenza. Semmai un carattere più forte ed indisponente, se non riceve un' adeguata educazione o non vive in un ambiente idoneo alla sua crescita, potrebbe degenerare in mancanza di rispetto verso il prossimo e quant altro. Mi rendo perfettamente conto che si tratta di sottigliezze che diventano difficili da percepire per chi non le ha studiate come magari ho fatto io. Pertanto mi auguro di poter continuare ad interagire in maniera magari più serena rispetto gli ultimissimi post e che ciascuno di noi possa divenire, ognuno nelle rispettive competenze, ricchezza interiore per tutti gli altri. Un saluto a tutti.....
il.gabbiano
00venerdì 26 maggio 2006 23:02
Grazie ad entrambi, mi sembra che ci siamo intesi e che tutto sia rientrato nella normalità.
La PAROLA ha il potere di disgregare, ma anche di aggregare.
Che cosa possiamo dire a chi soffre che torni utile per lui/lei?

Tanti cari saluti a voi tutti

Il gabbiano
il.gabbiano
00venerdì 26 maggio 2006 23:07
Re:

Scritto da: FidelisAdmin 26/05/2006 14.17


Io ho rimproverato l'attaco ai valori cristiani che sono tutto, a mio avviso, tranne quello che ha sottolineato la psicologa svizzera...


Un saluto
Gae

[Modificato da FidelisAdmin 26/05/2006 14.18]





Dimenticavo...non è che stiamo parlando di due persone diverse?
Di quale psicologa svizzera stai parlando?


Saluti

Il Gabbiano
FidelisAdmin
00sabato 27 maggio 2006 12:12
Re: Re:

Scritto da: il.gabbiano 26/05/2006 23.07



Dimenticavo...non è che stiamo parlando di due persone diverse?
Di quale psicologa svizzera stai parlando?


Saluti

Il Gabbiano



....La psicologa svizzera Alice Miller, per esempio, ne "La persecuzione del bambino" [1] cerca con ansia di mettere in guardia gli educatori dagli effetti della pedagogia nera della religione. Ma ogni appello alla razionalità è utile solo se possiamo educare a riconoscere gli stili formativi che producono un accumulo di cattiveria, di distruttività e di infelicità nell'uomo. L'insegnamento cristiano è falsamente improntato all'amore universale: basta guardare il simbolo genetico del cristianesimo, il crocifisso e ciò che esso rappresenta, per capire la componente di ambivalenza sadica e masochista che questo "amore" veicola nell'inconscio dei bambini. Il sacrificio come premessa, l'esordio della vita nella colpa, l'inquietante percezione di un uso distorto dell'autorità del genitore, equiparato a dio, nell'espropriare il corpo del figlio e nel farne l'oggetto da distruggere per le proprie incarnazioni mistiche. Infatti, secondo il racconto cristiano: la trinità familiare si incarna nel ruolo del figlio, il quale viene destinato al martirio ed al sacrificio per la salvezza dei suoi stessi assassini e dell’umanità." ...

Quella in grassetto evidenziata... anche se da una successiva e più attenta lettura mi sono accorto, credo, che il seguito sia del Professor Sergio Martella. Se cambia il soggetto non cambia certo, la sostanza, che rimane a mio modesto parere astruseria.

Saluti
Gae
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