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Ultimo Aggiornamento: 13/12/2009 16:55
13/12/2009 16:55
 
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Registrato il: 13/12/2009
Sesso: Femminile
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Ciao a tutti,
sono nuova di queste parti e imbattendomi in alcuni post ho iniziato a leggere, riconoscendomi in molte situazioni e descrizioni che sono state fatte dagli utenti a proposito di uomini più o meno violenti... da qui l'idea di rivolgermi a voi per un parere circa la mia ultima relazione, che si è conclusa ormai da 3 mesi ma che ha lasciato in me profondi strascichi, in termini di autostima distrutta, fasi malinconiche-depressive e soprattutto SENSI DI COLPA, da cui fatico ancora a liberarmi.
Premetto subito che la mia non è una storia di violenza fisica o di maltrattamenti estremi, come purtroppo mi è capitato di leggere in molti casi postati in questo forum, semmai un "normale" caso di sottili manipolazioni psicologiche... il mio problema è che nonostante non sia la prima volta che mi trovo a vivere una relazione di questo tipo fatico ancora molto a riconoscere con obbiettività dove finiscono le mie responsabilità e dove iniziano quelle dell'altra persona.
Con la conseguenza che - anche se razionalmente riconosco di avere avuto ragioni ben precise per aver deciso di porre fine alla relazione - poi mi sento cmq molto fragile e in colpa per lungo tempo, come se il suo cattivo esito dipendesse in toto da me, e senza riuscire a capire se effettivamente ho motivo di sentirmi così o no, e se no, perché.
Spero perciò che un parere esterno da parte di persone che sanno di cosa sto parlando o che addirittura hanno vissuto ben di peggio possa aiutarmi a fare chiarezza in me e a sentirmi meglio, indipendentemente dall'esito della storia...

Ma ecco brevemente le caratteristche della persona con cui stavo e l'evoluzione della nostra relazione.
Inizialmente lui si è posto in modo molto seduttivo ed "esperto" (ha 5 anni più di me), ma anche confidenziale: fin dalle prime uscite non mi ha nascosto di volere al più presto avere dei figli perché diceva di "avere sempre avuto dentro un forte istinto paterno". Istinto paterno che però, in varie situazioni concrete, mi è sembrato più simile a fastidio malcelato per i bimbi in genere, contraddicendo quindi le sue parole.
Mi ha anche parlato fin da subito di suo padre, morto tragicamente quando lui aveva 14 anni, e al quale ha sempre dimostrato un fortissimo attaccamento, quasi una venerazione, nonostante abbia ammesso che fosse quasi sempre assente per lavoro e in casa piuttosto violento, anche per cose di poco conto, sia con lui che con la sorella maggiore; la madre, descritta come fragile e debole, non riusciva a fronteggiare il marito per far cessare le violenze, violenze che il mio ex ha definito come "efficaci" a livello educativo, sebbene spesso "non necessarie", quasi volesse cmq a tutti i costi giustificare l'operato del padre. Questi discorsi mi provocavano profondo disagio, pensando anche ai miei trascorsi, ma ho scelto cmq di andare avanti.
Ha mostrato fin da subito un profondo (e non meglio spiegato) disprezzo per la sorella maggiore, descritta come svogliata, inetta sul lavoro e inaffidabile, e che pure ha avuto il pesante onere di crescerlo praticamente da sola durante la sua infanzia (complice l'esaurimento nervoso della madre e l'assenza del padre manesco), e verso la quale (penso) dovrebbe provare almeno la gratitudine di non essere stato lasciato del tutto solo.
Quando ci siamo messi insieme si è posto subito in modo molto aggressivo sul piano sessuale: ogni volta che ci vedevamo mi chiedeva di appartarci, spogliarmi in macchina o di andare da lui, ma questo suo modo di fare mi inibiva, sebbene fossi molto attratta da lui, perché io ho un carattere molto più riservato e - probabilmente anche a causa di episodi più o meno traumatici e ripetuti subiti nel mio ambiente di origine e durante storie precedenti - ho bisogno di più tempo per raggiungere una completa intimità con qualcuno. Anche se ho cercato di spiegargli il perché della mia "ritrosia", non credo che lui abbia mai capito davvero le mie ragioni. Una volta (sempre durante le prime 2 settimane) per "convincermi" mi ha anche detto "ma sai quante donne ci verrebbero con me?" come a dire che aveva solo l'imbarazzo della scelta ed era un vero privilegio che io potessi averlo tutto per me, quindi ero sciocca a voler aspettare di conoscerci meglio.
A parte questo, all'inizio sembrava tutto normale: lui era dolce e presente, però alla fine di diverse belle serate, senza apparente motivo, sentiva il bisogno di "allontanarmi" con frasi ostili e del tutto immotivate, vista la situazione di serenità in cui ci trovavamo. Alcuni esempi: "Se faccio tardi la sera e al lavoro sono stanco perché sono uscito con te è per colpa tua (questione che ha poi continuato a rinfacciarmi per molte volte)", "devo trovarmi un'altra ragazza perché in realtà voglio solo usarti (dopo avermi parlato dei suoi problemi personali e averne tratto profondo benessere)", "non voglio coccolarti troppo (dopo che ero stata licenziata senza giusta causa e gli avevo chiesto conforto) perché se no te ne approfitti/ti abitui troppo bene", "ne ho abbastanza di te, per ora", "Sei una bugiarda (se esprimevo parere diverso su qualcosa o smentivo qualcosa che aveva detto)", "vuoi vendicarti di me" (se facevo qualcosa che in apparenza lui non capiva, e quindi interpretava in automatico come ostile/negativa), "se mi stanco di sentirti parlare ti lascio qui", "quando ti avrò addestrata farai quello che dico io" e altre auto-definizioni che mi ha offerto fin da subito gratuitamente, tipo "sono un po' sadico/cerco una che mi sopporti e mi dia equilibrio perché ho mille difetti/non so se sono in grado di amarti e proteggerti/in passato sono arrivato a odiare le donne (a causa di un tradimento subito)"...
Il mio comportamento di fronte a queste cose? all'inizio, pur sentendomi vagamente a disagio di fronte a queste uscite, non ci davo troppo peso, riconoscendo che era un problema suo e non mio, oppure ribattevo in modo scherzoso; poi a mano a mano mi sentivo sempre più ferita, specie per le uscite sprezzanti che mi diceva alla fine delle serate e che avvilivano i miei sentimenti per lui. La prima volta che lui ha notato che c'ero rimasta male si è scusato spontaneamente, poi ha cominciato a dire che si trattava di semplici "battute" di cui non si rendeva minimamente conto, dicendosi dispiaciuto del fatto che mi facessero soffrire ma anche ribadendo che "col tempo mi ci sarei abituata". Abbiamo parlato diverse volte con calma di queste cose e di come mi sentivo, e lui sembrava capire, ma al tempo stesso sosteneva che faceva parte del suo modo di essere e che non ci poteva fare niente. Io dal canto mio ero ben consapevole che cercare di "cambiare" una persona sarebbe stato snervante e inutile, e gli ho sempre detto che non era questa la mia intenzione, quando gli parlavo, solo di poter trovare un modo per non sentirmi a disagio con lui e quindi per poterlo amare pienamente come desideravo. Via via che le uscite sopracitate continuavano, però, io mi sono chiusa sempre più in me stessa perché ogni volta che mi mostravo dolce o vulnerabile rischiavo poi di sentirmi attaccare e starci peggio, e questo stato di cose era molto frustrante e inibente per me.
Siamo arrivati a un passo dal lasciarci e lì, con calma, gli ho detto che non pensavo di poter essere il tipo di persona in grado di adattarmi passivamente a star male pur di assecondare un suo modo di fare che mi feriva, e lui ha promesso che allora non l'avrebbe più fatto. Io ho fatto l'errore di credergli, pur sapendo bene, nel profondo di me, che era una promessa impossibile da mantenere.
Per una settimana è stato dolce, attento e premuroso come non mai, sembrava un'altra persona e le battute respingenti e ostili solo un vago ricordo: mi ha detto anche di voler fare tutto il possibile per questa storia perché vedeva in me una persona diversa dalle altre, qualcuna e qualcosa per cui valesse la pena impegnarsi davvero, a differenza che in passato, e di ammirare soprattutto il mio cercare sempre di tendere al meglio. A me è sembrato sincero.
Se non chè una sera, felice e di nuovo fiduciosa nei suoi confronti, ho pensato di presentargli i miei amici - a cui tengo molto e che lui aveva sempre evitato di incontrare in precedenza, nonostante invece lui fin da subito avesse fatto sì che io conoscessi il suo gruppo e uscissi con loro - con l'intento di fargli dono di una parte molto importante della mia vita.
Lui però ha reagito con un forte imbarazzo (è un tipo piuttosto taciturno e timido, anche se in apparenza non sembra) e in pubblico mi ha dato della maleducata per non averglieli presentati a uno a uno; quando gli ho fatto notare che anch'io mi ero presentata da sola ai suoi amici ha ribattuto che ero una bugiarda e che volevo vendicarmi di lui, cosa che non avevo mai pensato e che anzi era all'opposto delle mie intenzioni.
Mi sono sentita molto ferita e umiliata, tradita nella fiducia che avevo riposto in lui e trattata con malafede e sospetto gratuiti; per tutta la serata lui mi ha poi evitato e trattato con velato disprezzo, intervenendo quando parlavo con i miei amici per sminuirmi tramite scherzi e battutine ironiche.
Quando siamo rimasti soli ho fatto l'errore di perdere lucidità, spaventata e ferita com'ero, e di intimargli di chiudere lì la storia per via del suo comportamento. All'inizio lui ha negato, poi mi ha accuato di volerlo evitare e di preferirgli gli amici, quindi ha detto che se io non meritavo di essere accusata gratuitamente per ogni cosa anche lui non meritava i miei rimbrotti, perché lui aveva fatto tanto per me, e se n'è andato senza salutare.
Dopo 2 settimane ho deciso cmq di ricontattarlo per "chiarire" (sapendo che lui non l'avrebbe mai fatto - cosa che poi ha confermato lui stesso sostenendo di "avere paura che fossi ancora arrabbiata" - e illudendomi che forse così avrei potuto in qualche modo ottenere il suo "perdono") e lui si è mostrato felice di sentirmi ma anche sereno e distaccato: ha ribadito di essere sereno, di non avermi affatto mancato di rispetto (attribuendo la mia reazione a ipersensibilità), di non avere nulla da rimpiangere né di cui scusarsi, e che cmq la storia sarebbe finita cmq, anche per altri motivi (che non conosco e di cui non mi ha mai parlato), quindi era meglio così.
Io ho sbagliato perché invece di ignorare questo suo atteggiamento, sentendomi ancora più respinta e ferita, ho ribadito per orgoglio la mia decisione di lasciarlo (cosa a cui in realtà non sarei mai voluta arrivare) e di trovare qualcuno in grado di valorizzarmi per diventare davvero tutto ciò posso essere e diventare.
Cosa che per altro mi ha augurato anche lui, dicendo che sono una persona splendida e che merita il meglio. (Ma se lo pensa davvero allora perché mi ha lasciato andare senza battere ciglio?) Al tempo stesso, però, mi ha anche ammonito contro il rischio di cercare l'uomo perfetto, illudendomi ogni volta di non averlo ancora trovato. Mi ha anche detto che lui ha esperienza di queste cose, che sa come va una vera relazione (a differenza di me), insomma mi ha dato della bambina...
Ha però anche ammesso di non avere le idee chiare su quello che vuole davvero a livello relazionale per il suo futuro, a differenza di me... insomma, una contraddizione vivente! :)
Mi ha nche proposto di vederci qualche volta per un caffè, ma io gli ho detto che per me la ferita era ancora fresca e quindi non poteva aspettarsi una risposta per il futuro in quel momento, ma se ci teneva poteva semplicemente propormelo più avanti e poi stare a vedere. Lui mi ha proposto di fare lo stesso con lui, e da allora non ci siamo più sentiti.
Ora le mie domande sono le seguenti:
1. perché continuo a sentirmi terribilmente in colpa e depressa per come sono andate le cose, e a dirmi che in qualche modo ho rovinato tutto? E' legittimo che io mi senta così oppure sono tutte suggestioni negative da ignorare? Una relazione come questa può considerarsi già una forma di "violenza" o per violenza si deve intendere altro?
2. ho sbagliato o sto sbagliando qualcosa nel mio modo di pormi con lui? questo mi serve per capire dove effettivamente devo migliorarmi e dove invece mi sto lasciando suggestionare dalle manipolazioni e dai sensi di colpa, come in passato.
3. se lui credeva davvero in tutti i progetti e le cose che mi ha detto nelle fasi "up" del nostro rapporto, perché allora quando ci siamo risentiti è rimasto così sereno e distaccato come se queste frasi e questi progetti non fossero mai esistiti? ha senso che io lo ricontatti anche solo con una lettera per chiedergli chiarimenti in merito o è solo un modo per continuare a illudermi/stare male?
4. ho riflettuto molto su di me in questi mesi e penso di avere appreso molte cose. Io credo profondamente nel cambiamento, specie quello che porta a una maggiore consapevolezza di sé e della vita, e penso che molti dei nostri problemi relazionali non si sarebbero presentati se avessimo dialogato in modo più aperto (soprattutto lui) e se avessimo cercato un vero punto di incontro tra le nostre posizioni.
Riparlando di tutto sulla base di questi presupposti, se ce ne fosse la possibilità, secondo voi potrebbero esserci chances per impostare il nostro rapporto in modo diverso? Lo chiedo perché, nonostante tutto, io sento di volergli ancora molto bene...

Spero tanto che possiate aiutarmi a fare un po' di chiarezza!
un abbraccio
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