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UNA LEGGE CONTRO LA VIOLENZA PSICOLOGICA

Ultimo Aggiornamento: 31/05/2008 20:05
12/11/2006 16:54
 
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di Carla Corradi

Ci sono parole, comportamenti che nessuna legge punisce e che possono uccidere psichicamente una persona o almeno ferirla in modo grave e spesso irreversibile.
La provocazione continua, l'offesa, la disistima, la derisione, la svalutazione, la coercizione, il ricatto, la minaccia, il silenzio, la privazione della libertà, la menzogna e il tradimento della fiducia riposta, l'isolamento sono alcune forme in cui si manifesta la violenza psicologica.

Come si può definire la violenza psichica? È quella strategia che mira a uccidere, distruggere, annientare, portare al suicidio una persona, senza spargimento di sangue. La caratteristica fondamentale di questi comportamenti è la crudeltà esercitata dall'aggressore, il quale ben sa che lesioni fisiche o violenze sessuali potrebbero essere punibili come reato.

Le strategie che mette in atto chi decide di annientare un essere umano sono molto subdole e mirano prima di tutto ad anestetizzare la vittima designata in modo che non possa reagire. Spesso, specie nell'ambito familiare, con la vittima si è prima instaurato un legame affettivo, per cui è già difficile individuare il limite sottile che separa un rapporto funzionante ancora da quello decisamente patologico. L'aggressore manda spesso messaggi contrastanti nel senso che dice una cosa e ne pensa un'altra (doppio legame), mettendo in questo modo l'oggetto delle sue manovre in uno stato di confusione e nell'incapacità a capire cosa sta succedendo. Ne essa ha possibilità di chiarire, perché l'interruzione della comunicazione bilaterale è un'altra delle manovre che l'aggressore instaura. Subentra così il senso di colpa di chi inizia a subire e con esso un tentativo di perfezionismo per cercare di spostare o annullare il bersaglio. Se tenta una reazione, dopo un periodo lungo di esasperazione, allora viene accusata di essere cattiva o malata.

Sono psicologa psicoterapeuta del più di vent'anni e molte volte mi sono trovata verificare quanto peso abbiano dovuto nei miei clienti i comportamenti sopra elencati e quanto siano stati causa del mare dell'anima e abbiano intaccato la gioia di vivere e di crescere .
Ho visto donne a cui fisicamente non era stato torto un capello, ma che erano state sistematicamente distrutte nella loro identità e nel loro ruolo di donne e di madri.
Ho aiutato donne che da bambine erano state violentate da padri, fratelli, parenti e amici e che hanno sempre taciuto, perché la colpa era stata fatta cadere su di loro, o il silenzio era stato estorto con la minaccia di alta violenza. Ho pure molto frequentemente curato il mal d'amore, come si dice, ma condito da menzogne, inganni, infedeltà, che sono aggravanti di una situazione già di per sé dolorosa. E, ben ché conosca le motivazioni psichiche dell'aggressore, sono qui per denunciare nel sociale le cause che necessitano di un intervento più esteso.

Spesso si strumentalizza proprio l'amore per prevaricare: l'amore materno che costringe a subire per proteggere i figli, l'amore del partner che non reagisce per non distruggere il rapporto, l'amore che tutto perdona e al quale tutto è richiesto, ma purtroppo anche l'amore del bambino per il genitore del quale bisogno.

Né è esente da violenza psicologica il luogo di lavoro, dove pressoché gli stessi meccanismi operano al fine di annientare un essere umano, che spesso non è una persona qualunque e pertanto costituisce una minaccia per l'aggressore o gli aggressori. Per questo fenomeno è stato coniato il termine mobbing. 1)
Nell'esercito c'è il nonnismo, che altro non è che imporre al subalterno la volontà del superiore con minacce molto forti alla sua integrità fisica o psichica. E nella scuola il bullismo.

Ma non sfuggono alla violenza psicologica nemmeno gli animali, che sottoponiamo a modi di vita densi di sofferenza, che sfruttiamo e poi abbandoniamo, come se non possedessero la loro dignità di esseri viventi, o non provassero sentimenti ed emozioni. 2) e 3).

La violenza psicologica è la causa di stati depressivi e anche di suicidi, perché la vittima è incapace di reagire, in quanto logorata, e anche se denunciasse la violenza, la legge italiana non ne terrebbe conto senza prove fisiche di lesioni. Ma c'è soprattutto la vergogna di ammettere di essere trattati male, la paura a chiedere aiuto, per non subire un'altra violenza.

Ma la cosa che mi sembra più grande è che ci siamo assuefatti, come se fossero comportamenti normali. Se si sapesse che sono vietati e pertanto punibili, forse si attenuerebbe la loro incidenza; come fa un cartello di divieto di accesso, che impedisce a molti di percorrere una strada pericolosa per altri.

Ritengo inoltre che in ogni violenza fisica ci sia una violenza psichica: nelle percorse, nelle lesioni, nello stupro e perfino nella tortura quello che fa veramente male è il significato psichico dell'azione, cioè l'avvertire di essere un oggetto nelle mani dell'aggressore teso a distruggerci l'anima.
Dove si esercita una violenza psicologica, sia l'ambiente familiare, sia il lavoro, sia l'esercito, le prigioni, la scuola, sempre come comune denominatore troviamo la mancanza di una norma etica che tenda a superare il mero egoismo, in favore di una responsabilità delle proprie azioni, la mancanza del rispetto della persona umana e del suo diritto alla vita. Ma c'è pure l'ignoranza delle conseguenze che determinati traumi subiti provocano specie se i comportamenti lesivi sono attuati più per un bisogno di sopraffazione che per una reale crudeltà mentale. Perché diverse sono le motivazioni che portano l'aggressore a distruggere: violenze subite nell'infanzia e non elaborate psichicamente trovano terreno fertile a che una persona da adulta cerchi di infliggere quello che ha subito per difendere la sua precaria identità.
In queste persone già disturbate nel loro passato operano meccanismi inconsci che fanno in modo che l'autore si incapace di sentirsi in colpa, di riconoscere la sua incapacità di soffrire o meglio di provare sentimenti reali. Temono inoltre un coinvolgimento profondo e reale con un altro essere umano e pertanto lo designano come detentore di tutto il male che è in loro, lo colpevolizzano, lo distruggono per mantenere un equilibrio che ha bisogno di nutrirsi della vita di altre persone.
Ma l'aggressore non è sempre un perverso mentale e pertanto un malato come afferma l'autrice francese Hirigoyen 4), altrimenti dovrebbe essere solo curato e non punito. Spesso è una persona definita normale, ma solo cattiva e intelligente.

Ma se trasporto questa problematica nel sociale e la denuncio con la poca forza che ho è perché le cause non sono da ricercarsi solo dentro la persona, ma per questo genere di delitti sono anche nella società, nella cultura dominante, nella violenza propinata da tutte le fonti, nonché in quella subdola che ci arriva già nei cartoni animati, per proseguire nei film, nella pubblicità e perché no? anche in internet . L'inconscio non è più solo dentro di noi, ma è soprattutto fuori di noi, in quello che non conosciamo, e perciò non possiamo combattere . 5)

Così fan tutti diventa una norma statistica e a volte immorale.

Ci sono sentenze che fanno riflettere su quanto arcaica sia ancora la nostra legislazione e su quanto poco abbia inciso la psicanalisi e la psichiatria. (Basti un esempio: "non può esserci stupro, se la vittima indossa i jeans"... se una donna viene minacciata di morte, si toglie subito quanto le viene richiesto, pur di salvarsi la vita).

L'articolo 32 della costituzione italiana dice: " la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti... " proprio perché il legislatore non specifica se si tratta di salute fisica o psichica, si sarebbe autorizzati a interpretare la legge come la scienza psicologica e psichiatrica ormai confermano, ma non è così, perché sia l'interpretazione della legge, sia la consuetudine ci portano a pensare che il male, quello quantificabile e punibile, possa essere solo fisico o economico.
Ma anche il male psichico a un costo: psicofarmaci, psicoterapia, ricoveri, assenza dal lavoro, morte, per non parlare del rapporto distorto e carente che la vittima instaura con figli e parenti, vittime a loro volta e forse futuri carnefici. 6)

Chiedo aiuto.
Bisogna informare, educare, parlare, battersi, creare opinioni, comunicare, aiutare chi non può difendersi da solo, sensibilizzare l'opinione pubblica e fare in modo che le istituzioni, in particolare i gruppi formatisi a sostegno dei più deboli si pongano come obiettivo la salvaguardia dell'inviolabilità e del rispetto della personalità. La giurisprudenza stessa, come timidamente comincia fare in qualche sporadica sentenza, 7) potrebbe proporsi come paladino di questo mio scopo in modo da arrivare una legge che regoli tale problematica, che sia il più possibile preventiva e protettiva delle vittime e che permetta loro un recupero della loro integrità e un loro inserimento sociale

Il 28 aprile 2001 è stata approvata la legge n. 154 “Misure contro la violenza nelle relazioni familiari”


Bibiografia

1) A.e R. Gilioli:Cattivi capi, cattivi colleghi. Mondadori . 2000:
2)C.Corradi:A chi spara il cacciatore? Lorenzini.Udine.88
3) C.Corradi:L’amore è un gatto blu? Publiprint. 92.
4) M.F.Hirigoyen: Molestie morali. Einaudi.Torino. 2000
5)J.Hillman: Politica della bellezza. Moretti & Vitali. 99. Pag.30
6)P. Cendron: Il prezzo della follia. Il Mulino. 84
7) La Stampa: 13 febbraio 2000, pag.13.
[SM=g27989] R.Bisi e P. Faccioli: Con gli occhi della vittima. F. Angeli MI. 96
9) Collana Mobbing, Pitagora Editrice.Bologna.

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