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LE MUTILAZIONI GENITALI FEMMINILI

Ultimo Aggiornamento: 20/07/2006 18:25
17/03/2006 18:45
 
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LE MUTILAZIONI
G E N I T A L I
F E M M I N I L I :

Una tradizione
i n s e n s a t a
e d i s u m a n a



Le mutilazioni genitali femminili, sono una pratica antica, crudele e disumana, non giustificata né prevista da alcuna religione, condannata in tutti i paesi del mondo, compresi quelli africani. Queste barbare pratiche lasciano lacerazioni irreparabili per tutta la vita in chi le subisce.
E’ bene sapere che, quando una bambina viene sottoposta ad una mutilazione rischia le più gravi conseguenze sulla salute, ed i genitori sono passibili, nel nostro, come negli altri paesi europei, di pene molto severe.
I genitori devono sapere che non vi è nessun obbligo, necessità,
utilità o vantaggio a sottoporre le proprie bambine a questa
pratica, che è anche punita dalla legge.
Il perché molte popolazioni ancora la eseguono non è chiaro.
Si ritiene che esse rispettino ciecamente una tradizione millenaria senza spiegarsene il motivo.
La sua origine la si fa risalire all’epoca dei faraoni egiziani. Da allora si è diffusa in tutta l’Africa orientale, con modalità diverse da regione a regione.
Siamo convinti che la via migliore per realizzare un processo di
integrazione degli stranieri che hanno scelto di vivere nel nostro paese sia la via del dialogo e del confronto.


Per questo è opportuno spiegare, anche attraverso questo
opuscolo, che ci sono valori che l’Italia e la Comunità
internazionale ritiene inviolabili ed uno di questi è il diritto
all’integrità fisica delle persone.
Comprendiamo come possa essere difficile sottrarsi ad una
consuetudine antica, ma siamo certi che voi per primi avete a
cuore la salute e la felicità delle vostre figlie che rischiano di essere sottoposte, loro malgrado, ad un rituale che le segnerà per sempre nel corpo e nell’anima.
Le vostre figlie vivranno in un nuovo millennio, e vivranno in
Italia da cittadine italiane. Aiutiamole ad avere speranza,
aiutiamole a sorridere.


LE MOTIVAZIONI OGGI FORNITE A SOSTEGNO DELLA
PRATICA NON HANNO NESSUNA RAGIONE


Nel corso dei secoli, molte e svariate motivazioni, alcune in
contraddizione tra di loro, sono state avanzate per giustificare la perpetuazione delle mutilazioni genitali femminili.
Esse differiscono leggermente tra i diversi popoli e le diverse aree geografiche, ma tutte indistintamente sono basate su credenze religiose o superstizioni, sulle tradizioni e sui tabù.
Le ragioni che più frequentemente vengono fornite sono le
seguenti:

1. L’infibulazione è indispensabile per preservare la verginità.
Non è vero perché può essere ripristinata dopo i rapporti sessuali (reinfibulazione).

2. Serve ad evitare l’immoralità sessuale.
Non è vero perché non esclude che una donna si dedichi a
pratiche “diverse”;

3. Intensifica il desiderio sessuale del marito.
Non è vero perché è provato che il desiderio sessuale nell’uomo
cresce se è corrisposto dalla donna. Le donne che hanno avuto
menomazioni hanno invece rapporti dolorosi e gli uomini hanno
penetrazioni difficoltose;

4. E’ un importante rito di iniziazione.
L’iniziazione è un rito complesso, antico, che non ha nessuna ragione di essere accompagnato ad una mutilazione del soggetto iniziato;

5. E’ igienica.
E’ esattamente il contrario conducendo ad un gran numero di
infezioni genitali ed urinarie;

6. E’ estetica.
L’idea di una vulva piatta (da bambola) è un concetto tradizionale ma che poi non trova nessun riscontro nella realtà;

7. Perpetua le tradizioni.
Al giorno d’oggi, continuare una tradizione introdotta all’epoca
dei faraoni, è come perpetrare la schiavitù.


COSA SI INTENDE PER MUTILAZIONE GENITALE

Le mutilazioni genitali femminili sono diverse, ma tutte dannose,esse vengono classificate in:
Circoncisione (sunna) che si pratica sulla clitoride;
Clitoridectomia che amputa la clitoride;
Infibulazione che amputa i genitali esterni e cuce l’orifizio vaginale per consentire il solo passaggio dell’urina e del flusso mestruale;
Vi sono poi altre pratiche, non meglio classificate, che sono comunque dannose sui genitali femminili.

CONSEGUENZE SULLA SALUTE DELLE BAMBINE

Cari genitori, sappiate che le conseguenze sulla salute delle vostre bambine sottoposte a tali crudeli pratiche, possono essere gravissime.
Esse, indipendentemente dal tipo di mutilazione, da chi la esegue,dalle condizioni igienico-sanitarie e dal luogo dove la si pratica,determinano sempre e comunque una menomazione ed una offesa che durerà tutta la vita e che, in alcuni casi, può portare alla morte.
Innanzitutto si sappia che le pratiche di infibulazione, quale queste siano, non sono pratiche banali, ma veri e propri interventi chirurgici ginecologici. Le operazioni ginecologiche non eseguite in ospedale e da un ginecologo (o da un chirurgo) sono interventi a rischio per la vita.
Quando queste mutilazioni sono eseguite senza alcuna forma di
anestesia e senza garanzie chirurgiche accade spesso che le bambine vadano incontro a perdita di coscienza e collasso cardiocircolatorio (shock), dovuto sia all’enorme dolore causato dalle lacerazioni dei genitali che all’emorragia che si accompagna alle ferite.
L’emorragia, che è la più comune e spesso fatale conseguenza di tale intervento, è una evenienza inevitabile. Infatti dovete sapere che la clitoride, che viene amputata, è uno degli organi più vascolarizzati del corpo. Se tale emorragia non si ferma questo può portare alla morte della bambina.
Anche quando questa emorragia non fosse drammatica, le perdite
di sangue, però, possono prolungarsi per diversi giorni, conducendo la piccola paziente ad uno stato di grave anemia.
Ma non vi sono solo rischi immediati. Anche se la perdita di sangue si arresta rimane il grave rischio che la ferita si infetti.

Le infezioni, infatti, sono dovute alla mancanza di quelle necessarie condizioni igieniche che si richiedono in ogni intervento chirurgico.
Il dolore, poi, non cessa subito dopo l’intervento. Le bambine soffrono al punto tale che, per diversi giorni, non vogliono urinare per il dolore insopportabile. Colei che non urina va incontro ad una vera e propria patologia aggiuntiva, detta
ritenzione urinaria.
Di conseguenza, anche l’apparato urinario, a sua volta, si infetta con ulteriori aggiuntivi rischi per la
salute.
Le infezioni, infatti, si estendono spesso agli organi vicini, come l’uretra, la vagina, il retto, ecc.
Oltre alle infezioni comuni, che evolvono spesso in suppurazione
e gangrena, bisogna sapere che vi è il rischio di procurare la morte della bambina contagiandola con il tetano (a causa dell’uso di attrezzatura non sterili) e con l’HIV/AIDS o l’epatite usando gli stessi strumenti per molte volte.
Se la bambina sopravvive all’intervento, una volta divenuta donna adulta soffrirà, in ogni caso, di una serie di danni o malattie “a lungo termine”. Questi possono essere rappresentati anche da patologie gravissime che ridurranno la qualità e la durata della sua vita.

Tra queste si sappia che, le più frequenti sono:
Difficoltà ad urinare: dovuta alla ostruzione dell’apertura urinaria o al danneggiamento del canale da dove fuoriesce l’urina. La minzione può essere dolorosa e, di conseguenza, le donne tendono ad andare ad urinare il meno possibile.
Questo può portare molteplici patologie del sistema urinario,
soprattutto legate alle infezioni.
Infezioni continue, croniche e recidivanti della vagina e degli
organi interni della riproduzione.
Impossibilità di avere figli (sterilità): la maggior parte delle
volte dovuta alle infezioni che possono provocare danni irreparabili agli organi della riproduzione.
Cicatrici voluminose sulla vulva (cheloidi): spesso queste
formazioni restringono l’orifizio vaginale causando l’impossibilità di avere rapporti sessuali e la difficoltà del sangue mestruale ad uscire dal suo naturale orifizio. In alcuni casi, la difficoltà del sangue a defluire dal naturale orifizio vulvare, è stata causa di morte per alcune sfortunate adolescenti.
Perforazioni o lesioni tra la vagina e la vescica o tra la vagina e il retto (fistole).

In tali casi può accadere che le feci e le urine possono uscire insieme, dagli stessi orifizi.
Dolori durante i rapporti sessuali e riduzione della sensibilità
sono praticamente una conseguenza inevitabile, la regola per queste sfortunate donne. Talvolta la penetrazione dell’organo sessuale maschile può risultare difficile se non impossibile, e in certi casi bisogna praticare un intervento per permettere un rapporto intimo.
Ma anche per quelle donne mutilate che, malgrado tutto, siano
riuscite a concepire un figlio, i problemi si ripresenteranno durante la gravidanza e il parto: sono molto comuni nelle donne che hanno subito tali menomazioni. La cicatrice può impedire la dilatazione del canale del parto e causare un travaglio ostruito.
Vi sono poi tutta una serie di altri danni che vanno dalla formazione di cisti genitali da inclusione (si tratta di cisti provocate dall’inclusione di un frammento di materiale nella cicatrice). Talvolta accade di vedere che, nella sede dell’incisione, si formi una massa di tessuto nervoso (neuroma) laddove il nervo della clitoride viene tagliato. L’intera area genitale diviene ipersensibile e causa dolori insopportabili e
che non cessano mai.

COSA ACCADE, IN ITALIA, SE SI SOTTOPONE UNA
BAMBINA AD UNA MUTILAZIONE GENITALE


Il Parlamento ha recentemente varato una nuova legge che prevede
le mutilazioni di organi genitali femminili come reato.
In particolare, è prevista la pena della reclusione da quattro a
dodici anni per chi cagiona una mutilazione degli organi
genitali femminili.
Si intendono come pratiche di mutilazione degli organi genitali
femminili la clitoridectomia, l’escissione e l’infibulazione e qualsiasi altra pratica che cagioni effetti dello stesso tipo.

Per lesioni agli organi genitali femminili diverse da quelle indicate sopra, da cui derivi una malattia nel corpo o nella mente, è prevista la reclusione da tre a sette anni. La pena è diminuita fino a due terzi se la lesione è di lieve entità.
La pena è aumentata di un terzo quando le pratiche sono
commesse a danno di un minore ovvero se il fatto è commesso per
fini di lucro.
Queste disposizioni si applicano anche quando il fatto è commesso all’estero da cittadino italiano o da straniero residente in Italia, ovvero in danno di cittadino italiano o di straniero residente in Italia.

Conclusioni
L’infibulazione, come tutte le mutilazioni genitali, determina un danno gravissimo alla salute delle vostre figlie.
Queste tecniche sono state condannate da tutti i governi del mondo e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Nel nostro paese sono punite severamente dalla legge penale.
Si tratta di procedure disumane, da superare per il bene delle vostre figlie.
Le strutture sanitarie e di supporto alle famiglie sono a vostra
disposizione per ogni consulenza, consiglio e supporto in questo
campo.
Vi invitiamo quindi per ogni esigenza a rivolgervi alla vostra Asl o al più vicino consultorio familiare.



BIBLIOGRAFIA
DATI DEL MINISTERO PER GLI AFFARI ESTERI


1) Guidelines on the prevention of Female Genital Mutilation, Danimarca Oct. 96, II ed.
2) Internazionale, La circoncisione femminile, 24 settembre 1994, n. 96
3) Sue Armstrong, Female Circumcision: fi ghting a cruel tradition, New Sientist 2 feb. 1991
pag. 42-47
4) U.D.I. Unione Donne Italiane 28-10-95 Modena, La condizione della donna e della
bambina africana
5) U.N.F.P.A. (United Nations Population Fund), Lo stato della Popolazione nel mondo,
Il diritto di scegliere, “Salute e diritti riproduttivi”, maggio 1997
6) UNICEF Rapporto 1997, pag. 41-45
7) Sister in Affl iction, Historical prospectives, pag. 63, pag. 85
8.) Efna Dorkenoo and Scilla Eiworthy, Quaderno I, Rapporto del minority Rights Group,
AIDOS, aprile 1992
9) AIDOS, Quaderno 2, Conseguenze sulla salute fi sica e psichica, marzo 1995
10) Forward, Child protection and female genital mutilation, May 1992
11) Nigrizia novembre 1996, Le lacrime che nessuno vede, pag. 31-47
12) Who, Female Genital Mutilation Information kit, maggio 1994
13) Maria Miceli, Domenico Di Lallo, La salute riproduttiva delle donne immigrate, uno studio
nella città di Roma negli 1982-1992, Epid. Prev. 1996, 20, pag. 80-82
14
14) Giovanna Scasselati, IPPF International Planned Parenthood Federation, Congresso Internazionale, Roma aprile 1997, consultorio Diritto alla salute e alla procreazione libera
e responsabile
15) Marina Toschi marzo 1997: Donne immigrate, servizi socio-sanitari in Umbria, Ed. Era Nova
16) Pia Grassivaro Gallo, La circoncisione femminile in Somalia, Franco Angeli Libri, Milano 1986
17) Pia Grassivaro Gallo e Francesco Viviani, “Le mutilazioni sessuali”, femminili, Unipress, Padova 1992
18.) Sirad Salad Hassan, La donna mutilata, Loggia de’ Lanzi, 1996
19) Sirad Salad Hassan, Sette gocce di sangue, La Luna, 1996
20) Awaken, Equality now, volume 1, Issue n. 1, Ed. Asma Abdel Halim, June 1997
21) AIDOS, Female Circumcision, Proceedings of the International Seminar of Female Circumcision
13-16 June 1988 Mogadisho, Somalia, 1989
22) Defence for Children International, Atdeling Nederland, Jacqueline Smith, Visions and discussions on genital mutuation of girls, May 1995
23) World Health Organization, Female Genital Mutilation, Report of a WHO Technical Working Group, Geneva 17-19 July 1995, Geneva 1996
24) Gruppo di lavoro sulle MGF dell’Istituto di Igiene “G. Sanarelli”
25) Archivio RaiNewsNet


Fonte: Ministero per le pari opportunità
18/03/2006 20:00
 
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Che cosa sono le mutilazioni dei genitali femminili?

L’Organizzazione mondiale della sanità ha distinto le mutilazioni dei genitali femminili in quattro tipi:


I TIPO:
circoncisione resezione del prepuzio clitorideo con o senza l’escissione di parte o dell’intera clitoride.
II TIPO: escissione resezione del prepuzio e della clitoride insieme alla rimozione parziale o totale delle piccole labbra.

III TIPO:
infibulazione o circoncisione faraonica la forma di mutilazione genitale tipica dei paesi del Corno d’Africa e consiste nella escissione parziale o totale dei genitali esterni. I due lati della vulva vengono poi cuciti con una sutura o con spine, riducendo in tal modo la dimensione dell’orifizio della vulva e lasciando solo un piccolo passaggio nell’estremità inferiore, per l’emissione del flusso mestruale e dell’urina.

IV TIPO:
include varie pratiche di manipolazione degli organi genitali femminili: piercing, pricking, incisione della clitoride e/o delle labbra; allungamento della clitoride e/o delle labbra; cauterizzazione per ustione della clitoride e dei tessuti circostanti; raschiatura dell’orifizio vaginale (angurya cuts) o taglio della vagina (gishiri cuts); introduzione di sostanze corrosive nella vagina per causare sanguinamento oppure immissione di erbe con lo scopo di restringere la vagina.


La defibulazione è la procedura che si attua per accrescere l’apertura dell’orifizio lasciata al momento dell’infibulazione. Questa comporta una incisione nella cicatrice dell’infibulazione, creando un’apertura, con la rimarginazione delle rimanenti labia majora. Ciò riduce le possibilità di future complicazioni e aiuta a eliminare alcuni problemi cronici. Spesso è effettuata quando una donna sta per sposarsi, ma è spesso spostata fino al momento del parto.


La defibulazione viene effettuata per vari motivi:

- diminuzione dolori mestruali
- diminuzione dolore durante rapporti sessuali
- diminuzione infezioni tratto urinario
- possibilità di praticare un esame medico
- minori complicazioni durante la gravidanza e il parto
- valutare la posizione del bambino prima del parto
- può ridurre il bisogno di effettuare il parto cesareo
- maggiori possibilità di scelta del metodo anticoncezionale


La reinfibulazione è la procedura attraverso la quale le labbra vengono ricucite insieme dopo il parto. Questo ulteriore taglio e risuturazione accresce la mancanza di elasticità del perineo. La ripetizione di defibulazione e reinfibulazione può causare danni per tutta la vita.

La reinfibulazione a volte è richiesta dal marito o dalla donna stessa. Spesso comporta un ulteriore restringimento dell’apertura.


Fonte: Tratto da "Mutilazioni dei genitali femminili. Si crede che… Invece… Perché questa pratica deve finire", pubblicazione dell'AIDOS, Associazione italiana donne per lo sviluppo, 2000.
18/03/2006 20:52
 
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Quali sono le conseguenze sanitarie delle mutilazioni dei genitali femminili?


Le conseguenze delle FGM dipendono dal tipo di operazione praticata (l'infibulazione ha chiaramente conseguenze più gravi), dalla capacità e dall'esperienza dell'operatrice, dalle condizioni igieniche nelle quali viene praticata l'operazione, la cooperazione e la salute della bambina al momento dell'operazione.

L'infibulazione può creare problemi per i medici. Infatti è pressoché impossibile praticare un esame pelvico, per cui risulta molto difficile, se non impossibile, valutare una gravidanza o diagnosticare alcune malattie. Se l'apertura lasciata dall'infibulazione risulta molto stretta, è inoltre impossibile prevenire le infezioni all'apparato riproduttivo. Anche il pap test è impossibile da effettuare, per cui diventa impossibile diagnosticare alcuni tipi di tumore.


Conseguenze immediate

Shock
dovuto non solo al forte dolore causato dall'operazione fatta in assenza di anestesia ma anche alla perdita di sangue che, anche se scarse, possono prolungarsi per diversi giorni o alla sepsi.

Emorragia
la più comune e quasi inevitabile conseguenza dato che l'amputazione della clitoride può coinvolgere anche la resezione dell'arteria dorsale della clitoride. Inoltre anche l'amputazione delle labbra può causare danni alle arterie e alle vene. Un prolungata emorragia può risultare in un'anemia a lungo termine.Infezioni dovute alle scarse condizioni igieniche, all'uso di strumenti non sterili e al fatto che la minzione e la defecazione, nelle bambine legate, avvengono sulle ferite. Sempre nel caso dell'infibulazione inoltre si può verificare una esplosione interna dell'infezione che può intaccare organi quali l'utero, le tube di Fallopio e le ovaie causando così infezioni pelviche croniche e infertilità.Ritenzione urinaria della durata di ore o giorni. La minzione infatti per queste donne risulta spesso dolorosa a causa dell'infiammazione della ferita vulvare. Questa complicazione può causare infezione al tratto urinario.Lesioni dei tessuti adiacenti come per esempio l'uretra, la vagina, il perineo o al retto. Conseguenze dovute anche in questo caso all'uso di strumenti non sterili, alla mancanza di una illuminazione adatta durante l'operazione, alla scarsa conoscenza dell'anatomia da parte delle operatrici e al dimenarsi della paziente. Più frequente è la lesione dell'orifizio anale e del retto con sezione dello sfintere anale e incontinenza residua.Tetano: può sopraggiungere a causa dell'uso di attrezzatura non sterile.Aids: spesso usando gli stessi strumenti per molte operazioni, si può verificare la trasmissione del virus dell'HIV.


Conseguenze a lungo termine
Perdita di sangue: si può verificare qualora la procedura venga effettuata su una ferita infetta. Per esempio nel caso di ripetute infibulazioni e di reinfibulazione dopo il parto.Difficoltà nella minzione: dovuta alla ostruzione dell'apertura urinaria o al danneggiamento del canale urinario. La minzione può essere dolorosa e portare alla ritenzione urinaria, al frequente stimolo di urinare, incontinenza e infezioni al tratto urinario.

Frequenti infezioni al tratto urinario: spesso dovute al danno della mutilazione sul basso tratto urinario. Le frequenti infezioni di questo tipo sono comuni soprattutto tra le donne infibulate.

Incontinenza: può essere causata dal danno subito dall'uretra durante l'operazione. L'incontinenza può essere motivo di allontanamento dalla società per un donna.Infezioni pelviche croniche: comuni nelle donne infibulate: Le MGF e la parziale occlusione della vagina e dell'uretra aumentano le probabilità di infezioni.Sterilità: è dovuta alle infezioni che possono provocare danni irreparabili agli organi della riproduzione.Cheloidi: si tratta di formazioni fibromatose cutanee di tipo iper elastico in conseguenza di stimoli infiammatori cronici. Spesso queste formazioni restringono l'orifizio vaginale causando gravi conseguenze.Cisti dermoidi: si tratta di cisti provocate dall'inclusione di un frammento cutaneo che possono dar luogo a tumore.Neuroma: si può sviluppare laddove il nervo dorsale della clitoride viene tagliato. L'intera area genitale diviene ipersensibile e causa dolori molto forti in modo permanente.

Formazione di calcoli: si possono verificare a causa dei residui del flusso mestruale o dai depositi urinari nella vagina e nello spazio dietro il ponte di pelle creato dall'infibulazione.

Fistole, cioè perforazioni o tunnel tra la vagina e la vescica o tra la vagina e il retto, dovute al danno causato dalle FGM o dal ripetersi di defibulazione o reinfibulazione, ai rapporti sessuali o parto difficoltoso. La continua perdita di urina e feci causata dalle fistole può tormentare la vita di queste donne fino a trasformarle in reiette della società.

Disfunzioni sessuali: dolori durante i rapporti sessuali e riduzione della sensibilità in seguito alla clitoridectomia, ma soprattutto in conseguenza dell'infibulazione, sono le conseguenze più diffuse. La penetrazione può risultare difficile se non impossibile, e in certi casi bisogna praticare un altro taglio.

Problemi durante le mestruazioni: spesso sopraggiungono a causa della parziale o totale occlusione dell'orifizio vaginale. Ciò può portare alla dismenorrea. Gli ematocolpi possono verificarsi per il ristagno del sangue mestruale nella vagina per molti mesi. In questi casi la distensione dell'addome indotto dall'accumulo di sangue mestruale, insieme alla mancanza apparente delle mestruazioni, può suscitare sospetti di gravidanza che possono arrecare non pochi problemi per la vita sociale della ragazza.

Problemi durante la gravidanza e il parto: sono molto comuni nelle donne che hanno subito FGM. Il resistente tessuto della cicatrice (cicatrizzato) può impedire la dilatazione del canale del parto e causare un parto ostruito (obstructed labour). Lo sfinimento dovuto a un lungo protrarsi del periodo espulsivo può causare inerzia uterina, nonché fistole e perdita di sangue che possono portare alla morte del bambino. Inoltre il bambino può riportare danni cerebrali.



PROBLEMI SESSUALI E PSICOLOGICI

Non ci sono sufficienti studi sugli effetti psicosessuali della pratica. La letteratura in merito comunque rivela le seguenti complicazioni:

Problemi sessuali:

- frigidità

- mancanza di orgasmo dovuta all'amputazione della clitoride

- difficoltà nella penetrazione a causa dell'irrigidimento dei tessuti della vagina


Problemi psicologici:

- disturbi del comportamento

- malattie psicosomatiche

- ansia

- depressione

- incubi

- psicosi

- frigidità



Fonte:Tratto da "Mutilazioni dei genitali femminili. Si crede che… Invece… Perché questa pratica deve finire", pubblicazione dell'AIDOS, Associazione italiana donne per lo sviluppo, 2000.
18/03/2006 23:00
 
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Antropologia delle mutilazioni dei genitali femminili
di Carla Pasquinelli


1. Che cosa sono le Mgf

Mutilazioni dei genitali femminili è il nome che è stato dato nel corso della III Conferenza del Comitato inter-africano sulle pratiche tradizionali rilevanti per la salute di donne e bambine/i (Iac nell'acronimo inglese, Ci-Af in quello francese) a tutte quelle pratiche tradizionali in cui si ha l'asportazione e/o l'alterazione di una parte dell'apparato genitale esterno della donna. Non è però così che le chiamano le popolazioni dei paesi in cui si praticano, che non accettano la forte connotazione negativa contenuta in tale espressione. Ogni gruppo usa i termini tramandati dalla propria tradizione che variano molto da un'etnia o da una regione all'altra, a seconda anche di quale tipo di mutilazione si tratta. Ad esempio le somale, quando ne parlano tra loro, ricorrono spesso al nome assai più domestico ed evocativo di "cucitura". Ma in genere tutte le popolazioni in cui è diffuso questo tipo di intervento su una parte così delicata del corpo femminile preferiscono il termine circoncisione. Si tratta di un termine neutro che viene usato in maniera impropria per assimilare le mutilazioni dei genitali femminili alla circoncisione maschile in cui, com'è noto, ci si limita a recidere solo la pelle che circonda il glande senza provocare nessun effetto mutilante sul corpo maschile. In tale modo con questa traslazione linguistica si sfumano le differenze radicali che vi sono tra i due tipi di operazione, con il risultato di occultare il carattere demolitore che ha invece la maggioranza degli interventi sui genitali femminili e accreditarne un'immagine più familiare e rassicurante.

Secondo la classificazione fatta dall'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) si possono distinguere quattro tipi principali di mutilazione:

il I tipo consiste nel recidere il prepuzio o nella asportazione parziale o totale della clitoride (clitoridectomia). Sunna è il nome tradizionalmente usato per designare questo tipo di mutilazione;

il II tipo o escissione, consiste nel recidere il prepuzio e nell'asportazione, oltre che della clitoride, di parte o di tutte le piccole labbra;

il III tipo, cioè l'infibulazione o circoncisione faraonica, è la forma di intervento più cruenta e consiste nell'escissione della clitoride e nell'asportazione delle piccole labbra e anche - soprattutto in passato, ma in area rurale ancora oggi — dell'asportazione parziale o totale delle grandi labbra e nella successiva cucitura dell'apertura vaginale ridotta a un piccolo pertugio — non più grande di un chicco di riso o di miglio — per permettere la fuoriuscita dell'urina e del sangue mestruale;

il IV tipo include tutta una serie di procedure che vanno dal trafiggere o punzecchiare lievemente la clitoride in modo da farne uscire alcune gocce di sangue a tutta una ampia casistica di manipolazioni che variano molto da una etnia all'altra - allungamento delle clitoride o delle labbra, cauterizzazione della clitoride, taglio della vagina (gishiri), introduzione in vagina di sostanze corrosive per restringerla o renderla asciutta.

Sono tutti interventi che nella maggioranza dei casi vengono effettuati senza anestesia da praticanti tradizionali, e comportano un alto tasso di mortalità, di complicazioni sanitarie e di disturbi psicologici. Per la clitoridectomia, che di fatto riguarda la grande maggioranza delle donne, e ancor più per la sunna le conseguenze sul piano medico-sanitario non sono così rilevanti come per l'escissione e ancor più per l'infibulazione.

Le mutilazioni dei genitali femminili sono soprattutto un'usanza africana, dato che i casi extra-africani sono ritenuti dagli esperti di importazione recente. Mentre la sunna, è praticata anche a nord, le altre sono soprattutto diffuse lungo tutta la fascia dell'Africa sub-sahariana - l'infibulazione in Africa orientale e la clitoridectomia nei paesi dell'Africa occidentale - un territorio vasto ed eterogeneo popolato da etnie con lingue, culture e religioni diverse, che hanno in comune uno stesso sistema economico-simbolico fondato sul rapporto tra Mgf e prezzo della sposa.

Dato il loro carattere sociale si applicano a tutte le donne di un determinato gruppo etnico o di una determinata società e si svolgono secondo tempi e periodicità stabilite. In genere le bambine vengono operate in una determinata stagione o mese dell'anno secondo scadenze periodiche, che variano da una etnia all'altra. Anche l'età in cui vengono fatti gli interventi cambia a seconda delle etnie e del tipo di mutilazione. Schematizzando molto si può dire che la clitoridectomia viene praticata nel periodo della primissima infanzia (dal 3° al 40° giorno di vita) soprattutto nelle società cristiane, ma anche in alcune società animiste e musulmane, e tra i 4 e i 14 anni nelle società musulmane e animiste. L'età dell'infibulazione varia invece dai 3 ai 12 anni e rari sono i casi di interventi nel periodo neo-natale.


2. Un lungo silenzio

Le mutilazioni dei genitali femminili hanno un'origine oscura relegata in un passato remoto che per alcuni fanno risalire ai faraoni, mentre per altri si estenderebbe fino all'antica Roma, un'origine resa ancora più oscura dal silenzio che le ha sempre circondate e che ha contribuito a farne un argomento tabù per le genti africane, ma anche a proteggerle dalla curiosità indiscreta di noi occidentali. Dietro questo silenzio ci sono molte cose: c'è un mondo di donne chiuso su se stesso, un mondo di interni, sospeso tra l'attesa e il timore di tagliare via una parte del corpo delle proprie bambine nel corso di cerimonie di cui per secoli le madri sono state le grandi registe, e c'è un mondo esterno, un mondo di uomini che si mantiene estraneo e distante, e che però su questo disciplinamento dei corpi femminili ha fondato le proprie strategie di potere. A tenere insieme e a dare coerenza a questi due mondi così distanti tra loro c'è una pratica cruenta che stringe in una morsa tutta la fascia dell'Africa subsahariana, e che costituisce l'espressione simbolica di un complesso sistema economico e sociale di strategie matrimoniali diffuso in maniera capillare in tutta l'area. Si tratta di un meccanismo di domino fondato sul prezzo della sposa, cioè sul compenso che la famiglia del futuro marito versa alla famiglia della futura moglie in cambio di una donna illibata, il che vuol dire circoncisa - escissa, o infibulata che sia - pronta a rispedirla al mittente e a riprendersi il compenso versato - sia in bestiame che in denaro - se la donna non è operata come si deve. Il valore di una sposa dipende infatti dalla sua verginità e le Mgf sono una forma di protezione che inibisce nella donna desideri e tentazioni di rapporti prematrimoniali, ma che soprattutto la preserva e la difende da violenze e stupri.

In questo silenzio rientra anche la tacita complicità dell'Occidente che con il colonialismo prima e con le politiche di cooperazione allo sviluppo poi ha preferito in maniere diverse ignorare le Mgf, trincerandosi dietro una forma di rispetto per altro inusuale delle tradizioni locali. Una consegna del silenzio che persino gli etnologi - questi addetti ai lavori sui costumi altrui - non sono stati in grado di rompere. Fatta eccezione delle testimonianze che compaiono a partire dalla fine del XVII secolo in quegli straordinari documenti etnografici che sono le relazioni di viaggio, poche sono le ricerche condotte sulle Mgf e quelle poche incomplete, anche perché per lungo tempo ad andare sul campo sono stati in prevalenza degli uomini che avevano, proprio in quanto uomini, difficoltà di accesso o scarso interesse per il mondo femminile.

A suggellare tale silenzio è poi venuto in anni più recenti il rifiuto a parlarne da parte delle dirette interessate. È rimasta famosa la posizione assunta dalle donne africane alla Conferenza di Copenhagen del 1980 dove si sono sottratte alle pressioni delle femministe americane che insistevano per inserire la questione delle Mgf nella loro agenda politica respingendo tale iniziativa come una ingerenza indebita nelle loro vite e nelle loro scelte politiche.

Poi qualcosa è cambiato. Non saprei bene dire né quando né come il muro di omertà e di indifferenza che le ha relegate per secoli fuori dalla storia ha cominciato a incrinarsi. Da qualche anno a questa parte il silenzio ha lasciato il posto a una proliferazione di discorsi, che stanno trasformando le Mgf in una nuova questione sociale legata al rispetto dei diritti umani e alla salvaguardia della salute delle donne e delle bambine.

Questa fuoriuscita dal cono d'ombra è il precipitato di anni di campagne di sensibilizzazione promosse da organizzazioni non governative, internazionali ed africane, e dalle varie agenzie delle Nazioni Unite, ma è anche il risultato dei provvedimenti legislativi presi da alcuni governi locali. In un'ottica più generale è il segnale che anche questa pratica arcaica e segreta è ormai entrata nell'area dei processi di modernizzazione in concomitanza con alcuni eventi drammatici che stanno mutando la vita e la fisionomia di molte popolazioni africane, quali la guerra, l'emigrazione e l'espansione del fondamentalismo islamico.


3. Origine delle Mgf

Se non è facile ricostruire l'origine delle Mgf data la varietà delle loro forme e la diffusione in una zona così ampia del continente africano, non mancano però le ipotesi, che cercano di accreditarne una determinata filiazione. Secondo alcune, l'escissione risale all'antico Egitto, ma la si ritrova anche a Roma, dove era praticata sulle schiave e appare legata ad aspetti patrimoniali del corpo femminile. Sempre a Roma troviamo l'infibulazione - un termine d'origine latina - solo che inizialmente designava un'operazione esclusivamente maschile. Si trattava di una specie di spilla - fibula - che veniva applicata ai giovani per impedire loro di avere rapporti sessuali. Ma il centro della diffusione dell'infibulazione femminile sembra che sia stato l'Egitto faraonico, come attesterebbe la denominazione di "circoncisione faraonica".

Comunque allo stato attuale l'origine delle mutilazioni dei genitali femminili sembra destinata, come si è già accennato, a restare indeterminata. L'unica cosa certa è che non è stato l'Islam a introdurre in Africa le mutilazioni dei genitali femminili che erano già presenti in loco assai prima della sua diffusione. Si tratta infatti di usanze indigene profondamente radicate nelle società locali e preesistenti alla penetrazione dell'Islam nell'Africa subsahariana e centro-orientale iniziata a partire dal 1050, dopo essersi assestato nei secoli precedenti nell'Africa mediterranea e avervi praticamente cancellato la presenza delle antiche chiese cristiane.

L'attribuzione che spesso viene fatta all'Islam dell'origine delle mutilazioni dei genitali femminili in Africa è probabilmente dovuta alla facilità con cui si è saputo adattare al tessuto tradizionale conformandosi al modo di vita locale. La sua penetrazione, infatti, è stata resa possibile dalla presenza nelle culture africane di alcuni elementi - come le strutture patrilineari e la concezione di Dio fondata su un forte senso di dipendenza - che ne hanno favorito l'accettazione, permettendogli di radicarsi nel tessuto tradizionale molto più di quanto non siano riuscite a fare le varie chiese cristiane che si sono impegnate alcuni secoli più tardi nell'evangelizzazione del continente africano. Questa "africanizzazione dell'Islam" - che si è espressa tra l'altro anche nell'adozione del nome locale di Dio per la traduzione del nome di Allah - ha reso la religione islamica più tollerante nei confronti delle mutilazioni dei genitali femminili, che invece sono state più contrastate da parte cristiana, venutasi spesso a trovare in aperto conflitto con le culture locali. Il caso più clamoroso resta la ribellione nei confronti dei missionari che avevano proibito di fare l'escissione delle donne Kikuyu in Kenya nel 1929.

Questo diverso atteggiamento della religione islamica e di quella cristiana si riflette anche nella percentuale di donne sottoposte alla mutilazione dei genitali nei due contesti. Le cifre parlano chiaro: mentre in area cristiana - dove predomina la clitoridectomia - le percentuali oscillano tra il 20 e il 50 per cento, in area islamica — e in particolare nel Corno d'Africa, dove l'infibulazione è di rigore - si toccano punte che vanno dall'80 al 100 per cento. Con il tempo l'identificazione dell'Islam con la tradizione indigena non ha fatto che rafforzarsi a tal punto che è stato però il maggiore responsabile della loro diffusione al di fuori dell'Africa, esportandole tra l'altro in Indonesia e in Malesia.

Pur non essendo stata all'origine di tali pratiche nel continente africano, la religione islamica le ha di fatto legittimate, le ha difese e le ha giustificate contribuendo così a perpetuarle e a diffonderle, anziché combatterle come hanno cercato di fare le chiese cristiane. Oggi questa stretta identificazione dell'Islam con le culture tradizionali sta diventando un problema. C'è una parte dell'Islam tra cui il clero fondamentalista formatosi in Arabia Saudita che cerca di prendere le distanze dalle mutilazioni più distruttive - come l'escissione e l'infibulazione - adoperandosi a rinviare al mittente, ossia alla cultura tribale, la sua pesante eredità, che mal si concilia con le ambizioni fondamentaliste di "islamizzare" la modernità.


4. Riti di iniziazione

Quello dell'origine è comunque un falso problema, perché rimuove più che aiutare a capire le ragioni della presenza delle Mgf autorizzando l'idea di una sopravvivenza arcaica, e mettendo in secondo piano il fatto che le Mgf sono invece un istituto tuttora molto attivo nel determinare la vita di relazione e di scambi su cui si basa l'organizzazione sociale di gran parte delle società africane. Il loro profondo radicamento è dovuto a una complessa costellazione di fattori che pur variando da un'etnia all'altra presentano alcuni tratti comuni. Si tratta del ruolo fondamentale che tale tipo di pratiche tradizionali ha nella costruzione dell'identità di genere e nella formazione dell'appartenenza etnica, oltre che nella definizione dei rapporti tra i sessi e le generazioni.

Prima di esaminare in maniera più dettagliata tutti questi aspetti su cui si esercita l'efficacia simbolica delle mutilazioni dei genitali femminili, bisogna definirne meglio la fisionomia. Per pratiche tradizionali si intende quegli atti abituali, di uso comune, che sono stati trasmessi dalla generazione passata e che con molta probabilità saranno passati a quella successiva. Le mutilazioni dei genitali femminili sono però un tipo particolare di pratiche tradizionali. Con esse siamo infatti nell'ambito dei riti di passaggio, ovvero di quelle pratiche cerimoniali che guidano, controllano e regolamentano i mutamenti di status, di ruolo, o di età delle persone e così facendo scandiscono le varie fasi del ciclo di vita trasformandole in un percorso ordinato e dotato di senso che ne soddisfa i bisogni di identità e di riconoscimento.

In particolare le mutilazioni dei genitali femminili sono una componente fondamentale dei riti di iniziazione, attraverso cui nelle società tradizionali si diventa "donna". Donna infatti non si nasce, nel senso che la connotazione biologica non riesce a essere di per sé un fattore sufficiente di individuazione. A questo provvedono i riti che trasformano l'appartenenza sessuale ascritta in uno status acquisito, riscattando il destino biologico legato al sesso per trasformarlo in una "essenza sociale": la donna. Sono infatti i riti che decidono dell'identità delle persone proprio a cominciare da quelle appartenenze ascritte come il sesso e l'età. Sottraendole alla biologia, sono i riti che notificano alla persona la sua identità, indicandogli ciò che è e ciò che deve essere.

Sono loro che fanno conoscere e riconoscere una differenza preesistente, come quella che separa i sessi, facendola esistere in quanto "differenza sociale". Proprio in virtù di questo loro potere simbolico i riti di passaggio sono stati definiti "atti di magia sociale". Non solo perché sono in grado di creare delle differenze dal nulla nel momento stesso in cui notificano alle persone la loro nuova identità, ma perché fanno riconoscere alla comunità come legittimo quello che invece è un limite arbitrario che istituisce una divisione fondamentale dell'ordine sociale, come quella tra sposati e non sposati, o tra iniziati e non iniziati, o quella ancora più radicale tra maschi e femmine.


5. La costruzione della identità di genere

Naturalmente questo non accade solo in Africa. Con sfumature diverse ogni società trasforma la sessualità biologica in una costruzione culturale differenziando il maschile dal femminile per decidere della sua appartenenza di genere. Il genere è un processo di definizione del sé secondo l'adesione ai modelli culturali che si sono storicamente costruiti sulla differenza di sesso. Si tratta per lo più di modelli impliciti nelle forme di agire, che proiettano la differenza tra i sessi sul piano culturale riscattandola dalla pura appartenenza biologica. Mentre nelle società complesse lo statuto del genere è soggetto a una negoziazione continua, nel senso che nessuna delle distinzioni che oggi contrappongono uomini e donne è destinata a rimanere a lungo uguale a se stessa e come tale non può essere data per scontata, nelle società tradizionali lo statuto di genere appare assai più fisso e allo stato attuale abbastanza immodificabile.

Nelle società africane la creazione dell'identità di genere prima di essere un percorso metaforico è una manipolazione fisica dei corpi. Rispetto agli aspetti cerimoniali dei riti di iniziazione, cui spetta la gestione simbolica del passaggio di status, le mutilazioni dei genitali femminili fanno qualcosa in più, nel senso che incidono sui corpi la loro appartenenza di genere. In due modi distinti: da una parte modificandone la morfologia e dall'altra plasmandone l'espressività.

Le Mgf provvedono ad asportare la parte "maschile" dell'apparato genitale femminile, la clitoride assimilata a un piccolo pene, cancellando la bisessualità originaria fondata sulla presenza in entrambi i sessi di rudimentali organi genitali dell'altro sesso: nel maschio è il prepuzio a essere asportato con la circoncisione perché è considerato un residuo di femminilità per il suo aspetto di guaina. Di fatto si tratta di due operazioni complementari, da una parte si nasconde l'organo genitale femminile e dall'altra si scopre l'organo maschile. Solo con l'escissione delle sue parti maschili una ragazza può diventare una donna a pieno titolo. In tal modo, nonostante che la costruzione dell'identità di genere sia soprattutto un processo simbolico, tale manipolazione fisica dei corpi rafforza l'impressione che l'identità femminile sia prodotta e mantenuta attraverso la circoncisione. Si ha così una sorta di naturalizzazione delle procedure attraverso cui la cultura costruisce le appartenenze di sesso, con la conseguenza di rendere molto difficile ogni tentativo di mettervi fine, sia a livello individuale che collettivo.

Oltre a manipolare il corpo della donna le mutilazioni ne costruiscono anche l'aspetto fisico, le proporzioni e l'armonia tra le varie parti, l'exis, le posture, e il portamento, dotando il corpo della donna di quelle "tecniche del corpo" - come le definisce Mauss - quegli automatismi corporei che in maniere diverse rappresentano in ogni cultura la "femminilità". Questo è particolarmente visibile nelle donne infibulate la cui andatura flessuosa e lenta è una conseguenza dell'operazione che rende assai problematica tutta una serie di movimenti. Dal momento che l'intervento ravvicina tra loro le gambe, restringendone lo spazio intermedio elimina in tal modo la possibilità di allargare troppo le cosce, costringendo il corpo della donna a un portamento e a un'andatura che potremmo definire centripeta. Una volta infibulate le bambine vengono rieducate a usare il proprio corpo, a selezionare alcuni movimenti e posture compatibili con il cambiamento subito a seguito dell'intervento e ad abbandonarne altri che possono compromettere il risultato dell'operazione, riaprendo una ferita appena suturata. ´Attenta, non correre, non giocare a palla, ti strappiª, raccomandano le madri, che si fanno carico di questa forma di disciplinamento dei corpi delle proprie figlie secondo norme e modelli di comportamento ispirati al ruolo subordinato della donna nella società e improntati a una rigida separazione e differenziazione tra il maschile e il femminile. L'operazione mette tra l'altro fine a ogni forma di promiscuità tra bambini e bambine, che cessano di giocare con i propri coetanei non solo perché il nuovo assetto corporeo rende impossibile quel tipo di attività che siamo abituati ad associare al maschile, come correre, giocare a palla, saltare eccetera, ma perché è il nuovo status di donna a non lo permetterlo più.

Possiamo quindi considerare le mutilazioni dei genitali femminili come "un marcatore sessuale", non solo perché sottraggono il corpo della donna all'ambivalenza dei suoi significati per consegnarlo alla sua identità di genere, ma anche perché naturalizzano la differenza tra i sessi, riuscendo a occultare la costruzione culturale dell'appartenenza di genere.

Si è visto come le mutilazioni dei genitali femminili acquistino il loro significato all'interno dei riti di iniziazione, di cui costituiscono l'evento centrale. Può anche accadere che in alcuni casi l'elemento cerimoniale sia ridotto al minimo e costituiscano esse stesse la performance rituale. Ogni operazione si svolge infatti secondo una sequenza fortemente ritualizzata che si ripete immutata da madre a figlia. Tutto accade in un luogo appartato e in un'ora cerimoniale, con un'operatrice che viene da fuori ed è gestita nel segreto di una comunità femminile che a operazione avvenuta si apre e accoglie l'intera comunità, o il vicinato se siamo in città, per festeggiare e riconoscere pubblicamente il nuovo status di donna, quasi sempre accompagnato da doni con forte carica simbolica nei colori e nelle forme.


6. Aspettative e rappresentazioni

La casistica è molto ampia ma pur variando enormemente a seconda del tipo di mutilazione, dell'età delle iniziande, e delle abitudini e tradizioni locali, la pratica si svolge secondo una sequenza rituale scandita dalle tre fasi di separazione, margine e aggregazione che caratterizzano ogni rito di passaggio.

La prima fase è quella di separazione quando all'alba le bambine da operare vengono portate via da casa e riunite in un luogo lontano da sguardi indiscreti dove avverrà l'operazione. La seconda fase è quella liminale, un periodo di tempo sospeso tra la sofferenza dovuta all'operazione e la cicatrizzazione delle ferite, che le bambine trascorrono sdraiate per terra con le gambe fasciate, in un luogo appartato lontano dalla famiglia, in attesa della guarigione. La terza e ultima fase è quella di aggregazione, quando vengono reinserite nella comunità in festa e colmate di doni, per celebrare il loro ingresso nel mondo femminile.

Ovunque è lo stesso scenario variopinto di donne, di madri, di praticanti, di sorelle, zie, nonne, vicine, e di bambine eccitate di diventare finalmente come le altre, delle donne. Eccitate, ma anche impaurite di fronte a quel coltello o quella lama di rasoio che permetterà loro di accedere al mondo femminile solo distruggendo le manifestazioni più appariscenti della loro femminilità. C'è infatti una forte pressione sociale da parte del gruppo dei pari e lo spettro di un'emarginazione senza possibilità di riscatto nei confronti di chi vi si sottrae, che vale sia per le madri che per le figlie. Qui è in gioco la coppia puro/impuro sostenuta da un'etica fondata sul sentimento della vergogna, che sommate costituiscono un terribile deterrente. Su questa stessa lunghezza d'onda sono le spiegazioni locali della pratica, basate in genere su alcuni stereotipi riconducibili tutti alla necessità di controllare e limitare la sessualità femminile, sentita come qualcosa di ingovernabile e di minaccioso.

Il corpo naturale è impuro perché è aperto e violabile, esposto a una promiscuità che rischia di essere contaminante non solo per la singola donna, ma per tutto il suo gruppo familiare che è destinato al discredito e alla vergogna. In questo scenario le mutilazioni dei genitali femminili costituiscono l'unico mezzo per proteggere la donna da un desiderio maschile sempre in agguato e, soprattutto, da se stessa. A difendere quel corpo inerme provvede una costruzione culturale dei corpi, che li priva di ogni tumescenza ed eccesso rendendoli lisci e innocenti dopo averne confiscato la naturalezza e il piacere.

Ma qui sono in gioco due relazioni importanti: quella tra i sessi e quella tra le generazioni, in particolare tra madri e figlie, cui i riti di iniziazione danno una visibilità estrema e drammatica. Quest'ultima è molto più ambigua e controversa di quella tra i sessi che tutto sommato può essere ricondotta a una relazione asimmetrica di dominio, fondata sulle strategie matrimoniali, su cui torneremo più avanti.

Nella relazione tra madre e figlie convergono antagonismi e pulsioni distruttive che vengono condensate, espresse e neutralizzate nel breve arco di tempo della performance rituale. Sia dal punto di vista delle figlie, che trovano nel rito la legittimazione al proprio senso di colpa di volere occupare il posto delle madri, sia dal punto di vista delle madri, che "tradiscono" la fiducia delle figlie trasformandosi in carnefici ed esprimendo così la propria invidia verso la loro capacità riproduttiva, per poi - una volta compiuto il "passaggio" - dimenticare tutto, torture e sofferenze comprese.

A rito finito solo i corpi ne manterranno il ricordo nella forma di una cicatrice delegata a rappresentare il segno della propria appartenenza etnica.


7. Corpi, confini etnici e appartenenze comunitarie

Le mutilazioni dei genitali femminili sono anche la porta di accesso alla propria comunità, sono un rituale di ingresso come lo è ad esempio il battesimo per i cattolici, e come tali costituiscono un punto di non ritorno, che separa chi è dentro da chi sta fuori. Questo vale per tutti i membri di una comunità, uomini e donne, anche se vigono modalità di accesso distinte. Nelle società africane non sono infatti solo i corpi femminili a essere segnati o mutilati, ma anche quelli dei giovani maschi che soprattutto in passato erano sottoposti a interventi cruenti e dolorosi.

Per entrambi si tratta di segni lasciati dall'ordine culturale sui corpi, "ferite simboliche", attraverso cui ogni gruppo sociale scrive il proprio nome sui corpi imprimendovi un marchio che li trasforma così in portatori della propria cultura. Un marchio di appartenenza, ma anche di subordinazione, che vincola gli individui a un'identità collettiva e nello stesso tempo li rende oggetto di una strategia di disciplinamento secondo dispositivi diversi nei confronti dei due sessi.

Le mutilazioni dei genitali femminili in particolare rappresentano quel "confine etnico", che segna dall'interno l'appartenenza comunitaria riconvertendola in una espressione biologica, che ne cancella il carattere artificioso e le condizioni della sua produzione. Una forma di "endoassegnazione" che contribuisce a segnare i confini del "noi" inteso sia come comunità locale, sia in forma allargata come quella "comunità immaginata" che è la nazione, destinata con i processi di cambiamento innestati dall'emigrazione a contare sempre di più. Questo carattere di confine etnico emerge e trova conferma anche nella diffusa tendenza a osservare l'endogamia, a scegliere cioè il coniuge all'interno del proprio gruppo.

È attraverso le mutilazioni dei propri genitali che ogni donna si riconosce ed è riconosciuta come membro della propria comunità. Non sottoporsi a tali pratiche significa condannarsi all'emarginazione e alla ripulsa e quindi a una perdita secca di quella insostituibile risorsa simbolica che è l'appartenenza e il riconoscimento comunitario.

Ma le cicatrici lasciate dalle mutilazioni dei genitali svolgono anche un ruolo importante nel conservare la memoria di un gruppo sociale, di cui sono il deposito muto che si trasmette attraverso i corpi delle donne. Questa memoria incorporata, trasfigurata in natura, fa infatti delle donne le custodi discrete di un'identità collettiva che passa così da una generazione all'altra. Sono i loro corpi, corpi confiscati dai simboli di un'affiliazione comunitaria, a costituire il legame fattuale tra presente e passato, e a mantenerlo nel tempo. Memoria incarnata della comunità che ha trasformato le donne in portatrici di un complesso sistema economico e simbolico attraverso cui ogni gruppo etnico può riconoscersi e riconfermarsi nel tempo.

Le mutilazioni dei genitali femminili sono dunque il segno di una doppia appartenenza: alla comunità e al genere, di cui costituiscono le condizioni di possibilità e di rappresentazione.


8. Il prezzo della sposa

Ma da dove traggono le mutilazioni dei genitali femminili la loro efficacia simbolica? Da dove viene il loro potere di conferire senso all'agire dei soggetti sociali legittimandone appartenenze comunitarie e identità di genere?

Fintanto che saranno affrontate isolatamente tali pratiche rimarranno opache e indecifrabili, come ci appaiono sempre nella loro arbitraria datità i fatti culturali. Per poterne capire di più dobbiamo situarle all'interno del contesto entro cui acquistano la loro intelligibilità. Per contesto si intende una struttura di significati condivisi da parte di un gruppo sociale che costituisce e dà senso al loro agire.

Il contesto che conferisce senso alla pratica culturale delle mutilazioni dei genitali femminili e all'agire di soggetti interessati è un sistema complesso di strategie matrimoniali, fondate sul prezzo della sposa, che hanno come corollario alcuni tratti fissi che si implicano a vicenda - quali il matrimonio combinato, l'età prematura della sposa e la poligamia - a cui si accompagnano una serie di tratti secondari che variano da un'etnia all'altra - quali il matrimonio per ratto, l'età avanzata dello sposo, alcuni tabù alimentari durante la gravidanza e il puerperio, alcune regole di purità e alcune pratiche sessuali, come il gishiri - e altri più strettamente legati al tipo di mutilazione, ma che non sono significativi per la nostra analisi.

In altre parole le mutilazioni dei genitali femminili sono una componente fondamentale del matrimonio in Africa, poiché contribuiscono a regolare la gestione delle risorse e la rete complessa degli scambi e delle relazioni sociali.

Il matrimonio in Africa è un'unione definita da una serie di obblighi contrattuali tra due famiglie, all'interno delle quali le persone che detengono il potere di combinare un matrimonio sono sempre un gruppo di maschi coresidenti che rappresentano come norma tre generazioni genealogiche e precisamente gli uomini anziani o nonni, gli adulti normali o padri, gli adulti giovani o figli. Spetta a loro di scegliere lo sposo. Il matrimonio è sempre infatti un matrimonio combinato dai parenti. Raramente è una libera scelta della coppia, e nel caso lo sia, l'assenso al matrimonio dipende dal benestare dei due gruppi familiari. Ai due gruppi parentali spetta anche di decidere l'ammontare della ricchezza della sposa che lo sposo deve versare alla famiglia della sposa.

Per ricchezza della sposa si intende l'insieme dei beni che la famiglia dello sposo cede alla famiglia della sposa in occasione del matrimonio. In altre parole la ricchezza della sposa è l'equivalente rovesciato della nostra dote. È lo sposo che versa un compenso alla famiglia della sposa per risarcirla della perdita di una donna e dei suoi servizi. Ma attenzione, nonostante le trattative che vengono fatte tra le due parti circa l'ammontare e le dilazioni del pagamento, non si tratta di una transazione commerciale - tanto è vero che per evitare questo tipo di equivoco si preferisce utilizzare il termine più neutro di "ricchezza della sposa". È piuttosto un dono che viene dato in cambio della fertilità della donna. Esso rappresenta infatti la compensazione per il trasferimento di certi diritti. Il prezzo della sposa è infatti l'equivalente per qualcosa che viene trasferito dal gruppo natale al gruppo dello sposo, ma nel contesto africano non è la persona della donna che viene data bensì solo dei diritti su di lei (sul lavoro, sulla sessualità e sulla fecondità della donna). E sulla sua prole.

Dal momento che la ricchezza della sposa è il compenso che viene versato in cambio della fertilità della donna, e prima ancora della sua purezza, risulta a questo punto chiara la funzione che hanno le Mgf nel custodirne l'inviolabilità, nel salvaguardare la castità delle figlie, ma anche nel favorire secondo le credenze popolari la loro fertilità.

Per prezzo della sposa si intende dunque il compenso che la famiglia del futuro marito versa alla famiglia della futura moglie in cambio non di una donna qualsiasi, ma di una donna illibata, intatta, vergine possibilmente chiusa, e ben chiusa nel caso di somale, eritree o etiopi, oppure escissa a dovere in modo da scoraggiarne desideri e rapporti prematrimoniali - tutte condizione indispensabili pena il rinvio della malcapitata alla sua famiglia di origine la prima notte di nozze. È questo il compito a cui sono delegate a le Mgf che assicurando il controllo della sessualità femminile ne garantiscono quella purezza indispensabile allo scambio matrimoniale.

In molte società le transazioni in occasione di un matrimonio costituiscono le transazioni economiche più importanti nella vita di una persona. L'ammontare e la composizione del prezzo della sposa sono fissati dal costume, che varia da un'etnia all'altra, e dipendono generalmente dallo status sociale delle due parti contraenti. Mentre un tempo la ricchezza della sposa era prevalentemente in bestiame oggi viene offerta o richiesta in denaro.


9. Strategie di disciplinamento

A questo punto appare sufficientemente chiaro come il prezzo della sposa non solo sia una risorsa di vitale importanza per ogni famiglia, ma come sia un istituto che implica un normativa rigida, in modo da rendere appetibile la ragazza a cominciare dalla sua illibatezza, l'età pubere, la docilità, ecc. In questo contesto ogni donna che nasce diventa per il proprio gruppo familiare una risorsa fondamentale che deve arrivare al matrimonio nelle condizioni migliori, ovvero casta. A questo provvedono, come si è appena visto, le mutilazioni dei genitali che costituiscono secondo le credenze locali il mezzo più sicuro per proteggere la verginità delle future spose con l'infibulazione e per preservarne la castità con l'escissione.

Le mutilazioni dei genitali femminili sono una forma di disciplinamento del corpo femminile, attraverso cui viene perseguita una strategia di assoggettamento delle donne. Sono lo stigma che il gruppo sociale imprime sui loro corpi, secondo procedure che non sono riconducibili a una mera forma di esteriorità, a qualcosa che li condiziona dall'esterno. È piuttosto qualcosa che li costruisce dall'interno e li addestra secondo schemi di docilità che ne predispongono la confisca da parte di un mondo di uomini che si mantiene estraneo e distante, e che su questa estraneità fonda le proprie strategie di potere. Il loro potere non si esercita su una repressione degli istinti, su meccanismi di coercizione basati su una relazione di dominio del tipo comando/obbedienza che per essere efficace deve essere esercitata quotidianamente, ma si iscrive nei corpi delle donne mutilandoli e li disciplina una volta per tutte nel momento stesso in cui li produce.

Le mutilazioni dei genitali femminili sono la forma stessa in cui il potere si iscrive nei corpi, producendoli, dal momento che esse non danno luogo a procedure coercitive di condizionamento bensì alla costruzione stessa dei corpi. Sono una forma di controllo del corpo femminile che ha lo scopo di predisporre la ragazza per lo scambio matrimoniale, su cui il gruppo familiare conta come una risorsa fondamentale dal punto di vista economico e sociale. La ricchezza della sposa rappresenta un'usanza importante non solo a livello patrimoniale, ma soprattutto perché costituisce una specie di fondo cassa che permetterà ai fratelli della sposa di sposarsi a loro volta. Il matrimonio di una figlia non è però solo un mezzo per procurarsi denaro, è anche un modo di acquisire utili relazioni di parentela.

Per concludere le mutilazioni dei genitali femminili sono una pratica simbolica che non solo svolge una funzione determinate nella riproduzione sociale, ma che acquista il suo significato all'interno di un sistema matrimoniale retto dall'istituzione del "prezzo della sposa" (brideprice o bridewealth) e che ha, come si è accennato in precedenza, quali principali tratti distintivi il matrimonio combinato, l'età precoce della sposa, l'età avanzata dello sposo e la poligamia. Tenere presente questo complesso sistema economico-simbolico permette di allargarne enormemente l'analisi, favorendo un monitoraggio capillare in grado di segnalare mutamenti laterali o spostamenti impercettibili che sul lungo periodo appaiono destinati a eroderne i margini di sopravvivenza.

Ma per fare questo bisogna smettere di guardare alle mutilazioni dei genitali femminili come a una pratica culturale decontestualizzata, a una stravaganza esotica, in grado solo di rimandarci l'opaca datità dei fenomeni culturali, facendo il gioco di quanti cercano di sostantivizzare le differenze culturali per poi poterne fare oggetto di discriminazione.



Fonte: "Antropologia delle mutilazioni genitali femminili. Una ricerca in Italia" a cura di Carla Pasquinelli, edito da AIDOS, Associazione italiana donne per lo sviluppo, 2000.
19/03/2006 19:56
 
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Il dramma dell'infibulazione in Mali

Questo video è un estratto del documentario "L'iniziazione" prodotto nel 1999 da RaiTre con il patrocinio dell'Onu e delle Ong italiane. Il filmato è stato girato in Mali da Ilaria Freccia. Hanno collaborato alla produzione Mk production e Axis Consulenti associati.






Fonte: La Repubblica
04/04/2006 13:19
 
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Roma, 4 apr. (Apcom) - La polizia di Verona e Trento ha arrestato una donna nigeriana dedita alla pratica della circoncisione di maschi e alla clitoridectomia di neonate nigeriane. Ne da' notizia un comunicato della polizia.

L'operazione, svolta dalle Squadre mobili delle due città, ha portato - precisa il comunicato - all'arresto della donna nigeriana di 43 anni, colta nella flagranza dei delitti previsti dagli articoli 56 e 583 bis 1° comma del codice penale, tentata mutilazione degli organi genitali femminili, nei confronti di una neonata di appena 14 gorni di vita.

In particolare - aggiunge il comunicato - la donna e' stata bloccata mentre faceva ingresso nell'abitazione dei genitori della piccola nigeriana, che avevano richiesto il suo intervento per operare la mutilazione genitale sulla neonata ed e' stata trovata in possesso di una borsa contenente forbici chirurgiche, flaconi di lidocaina (quale sostanza anestetizzante), flaconi di streptosil (antibiotico), garze, oli emollienti e altro materiale sanitario idoneo allo scopo.

Dalle indagini e' altresi' emerso - riferisce ancora il comunicato - che l'arrestata, pochi giorni prima aveva compiuto un intervento di clitoridectomia su altra neonata di due mesi di vita. La donna che effettuava tali interventi pretendeva la somma in contanti di trecento euro.
*Vale*
20/07/2006 18:25
 
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YAOUNDE, 5 Luglio 2006 (IPS) - Nei giorni scorsi, in Camerun, era facile incontrare legislatrici donne riunite sotto un albero nel giardino del parlamento, ad ascoltare Hannah Kwenti: questa ragazza di 17 anni, madre di una bambina di cinque mesi, è una delle vittime della mutilazione genitale femminile (MGF).

“Io vengo da Mamfé (nel Camerun sud-occidentale), dove sono stata circoncisa a gennaio, dopo la nascita di Ruth”, ha raccontato all’IPS. “I miei suoceri hanno insistito, pensando che se non lo avessi fatto, un giorno avrei potuto tradire Peter (suo marito)”.

L’operazione si è svolta appena tre giorni dopo il parto di Kwenti.

“Durante l’escissione ho perso molto sangue, e mentre mi contorcevo dal dolore, la donna (che ha praticato la circoncisione) mi ha detto: ‘Smettila di urlare, il tuo caso è tollerabile. Ad alcune rimuoviamo tutto quello che hanno lì’”.

La MGF, chiamata anche circoncisione femminile, implica la rimozione parziale o completa dei genitali femminili; la ferita prodotta dal taglio viene poi ricucita con dei punti, lasciando solo un piccolo foro per il passaggio di urina e sangue mestruale.

L’escissione può essere praticata per diverse ragioni, fra queste la convinzione che in tal modo si possa ridurre l’appetito sessuale femminile, o limitare i rischi di infedeltà da parte della donna.

La donna che ha praticato la circoncisione a Kwenti, ha raccontato la ragazza, le ha detto che da quel momento non avrebbe “desiderato nessun altro uomo all’infuori di Peter”, e che non avrebbe “più dovuto preoccuparsi” delle malattie a trasmissione sessuale.

“Avrei desiderato morire, ma Dio non ha voluto. Ora devo informare ( sulla MGF), e lo faccio per le nostre figlie”, ha aggiunto Kwenti, con le mani tra i capelli.

La donna si trovava a Yaoundé per partecipare ad una campagna di sensibilizzazione per le legislatrici donne sui pericoli della circoncisione femminile. L’iniziativa è stata organizzata dal Young Jurists Legal Resource Centre del Camerun, un’organizzazione non governativa (Ong) con sede a Buéa, ad ovest della capitale Yaoundé.

La MGF è una pratica diffusa in alcune comunità di questo paese dell’Africa occidentale, oltre ad essere praticata in altre 30 nazioni del continente, secondo l’organizzazione che vigila sui diritti umani, Amnesty International.

Secondo il Centro di risorse legali dei giovani giuristi del Camerun, solo negli ultimi tre anni circa 600 donne avrebbero subito la mutilazione nella parte sud-occidentale del paese, una delle regioni dove la pratica è più diffusa (la circoncisione varia a seconda delle comunità, e dei gruppi etnici).

Inoltre, in un rapporto del Comitato per l’immigrazione e i rifugiati del Canada, si osserva che in alcune zone del paese tutte le ragazze musulmane, e quasi due terzi delle ragazze cristiane la subiscono.

La mutilazione femminile viene associata alle credenze religiose, oppure vista come un rituale per il passaggio all’età adulta, mentre altri la ritengono essenziale per l’igiene, e per migliorare l’aspetto della zona genitale.

A livello nazionale, le Nazioni Unite stimano che circa il 20 per cento delle donne del Camerun siano vittime di circoncisione, che può essere effettuata a qualsiasi età: alla nascita, durante la prima infanzia, nel corso dell’adolescenza, subito prima del matrimonio o dopo la nascita del primo figlio.

Secondo le stime ufficiali, il Camerun ha una popolazione totale di 17 milioni di abitanti, di cui il 52 per cento sono donne.

La circoncisione può comportare diversi tipi di problemi, come amplessi dolorosi, complicazioni in gravidanza, e infezioni dell’apparato urinario e riproduttivo; alcune donne sono anche decedute a seguito dell’operazione. Per di più, l’uso di strumenti non sterilizzati espone al rischio di Hiv.

Ciononostante, in Camerun non esiste nessuna legge contro la circoncisione, anche se il diritto alla salute è tutelato dalla costituzione e dal codice penale.

Il paese è anche firmatario di diverse convenzioni internazionali volte a promuovere i diritti di donne e ragazze: la Convenzione per l’eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne; la Convenzione sui diritti dell’infanzia; la Carta africana sui diritti umani e dei popoli; e la Carta africana sui diritti e il benessere del bambino.

“Nel 2001, il governo ha lanciato una modesta campagna per sensibilizzare le comunità di alcune regioni sugli effetti dannosi della MGF”; ha detto all’IPS Esther Ayuk, presidente del Centro di risorse legali dei giovani giuristi del Camerun. “Ma il paese non ha portato avanti nessuna concreta attività su questo tema negli ultimi anni, e la pratica si è enormemente diffusa”.

La campagna del Centro potrebbe però contribuire a cambiare questa situazione.

“Abbiamo visto e compreso gli effetti che la MGF può avere sulle nostre figlie”, ha spiegato all’IPS Rose Abunaw, vicepresidente dell’Assemblea nazionale del Camerun. “Siamo scioccati da questa pratica”.

Secondo Abunaw, le 20 legislatrici (su un totale nazionale di 180 parlamentari) effettueranno il prossimo mese una visita alle comunità per incontrare coloro che praticano la circoncisione e le loro "vittime", oltre alle organizzazioni della società civile, in vista della stesura della prima legge in assoluto sulla MGF, che potrebbe passare all'esame del parlamento entro la fine dell’anno.

“Il progresso delle donne non può essere concepito se non si mette fine alla MGF”, ha detto all’IPS Jacqueline Ntep, dirigente presso il Ministero per la promozione delle donne e della famiglia.

“È per questo che stiamo allertando le associazioni nazionali, e tutti i partner che si occupano di educazione e sensibilizzazione, dei pericoli in cui incorrono le bambine vittime di mutilazioni genitali”.
*Vale*
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