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PROGETTO G.A.R. - GIOVANI A RISCHIO

Ultimo Aggiornamento: 06/03/2006 14:02
06/03/2006 14:02
 
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PROGETTO G.A.R
Giovani A Rischio



ATTIVITA’ PREVISTE

Il progetto si articolerà in cinque momenti:

1. La prima fase del progetto è caratterizzata da attività formative, di sensibilizzazione istituzionale (con supporto dell’intervento da parte delle Forze dell’Ordine), di ricerca e codifica dei disagi e bisogni dei giovani;
2. La seconda fase è caratterizzata da interventi da parte dei servizi sociali comunali, diretti a famiglie multiproblematiche e ai quartieri a rischio, con l’attivazione d’iniziative di sostegno presenti nel territorio (volontariato, servizio civile, protezione civile, L.S.U.)
3. Incontri con i giovani, con le mamme per i problemi relativi allo sviluppo psicofisico nell’adolescenza e al ruolo della famiglia;
4. Incontri di educazione alla salute nelle scuole rivolti ai genitori, insegnanti;
5. Apertura di un centro comunale di presenza sociale, finalizzato al recupero scolastico e al sostegno di mamme residenti in quartieri a rischio.

OBIETTIVI

La ricerca pedagogica e psicologica sul trattamento educativo dei minori disattati e devianti consente di compiere un osservazione interessante: un minore agisce, in modo più o meno deviante, sulla base degli schemi di significato che possiede.
Prima di pretendere che un minore ammetta di giocare il solo ruolo che conosce bisogna che gli sia data l’opportunità di utilizzare e fare propri gli schemi alternativi di pensiero ed azione.
Il cambiamento del comportamento segue, non precede, il processo di costruzione e ricostruzione identitaria che l’intervento educativo dovrebbe favorire.
Questa indicazione è in linea con la più ampia questione riguardante la costruzione di un progetto educativo che si prefigge di raggiungere tre obiettivi:

1. La relazione con l’educatore
2. La costruzione di esperienze orientate al cambiamento
3. I tempi e i luoghi dei servizi educativi.

• Una prima componente necessaria è rappresentata dell’intervento affettivo e della gestione pedagogica del transfert. La disponibilità, i segni, dell’accoglimento affettivo, le funzioni di sostegno, strutturazione e contenimento svolte dall’educatore, costituiscono il fondo del terreno relazionale su cui articolare norme, regole e autorevolezza. Perché tale relazione sia costruita come strutturante, la quantità del rapporto appare fondamentale;

• La costruzione delle esperienze orientate al cambiamento e dall’identità si collocano oltre la prima formazione: l’intervento rieducativo costruisce contesti ed esperienze nuovi o differenti da quelli che hanno caratterizzato l’ambiente del ragazzo o propri delle sua formazione. Entro questi contesti il minore ha l’opportunità di sperimentare differenti figure e differenti modalità di essere percepito e trattato dagli adulti di riferimento, differenti aspettative e reazioni al suo comportamento, nuovi stimoli ed opportunità d’azione, nuove forme di comunicazione interpersonale.

• La condivisione di spazi, tempi, attività e momenti della vita quotidiana ha un duplice scopo:

1. Consente all’educatore di conoscere a poco a poco la categoria attraverso cui il minore interpreta e fa fronte alla sua realtà quotidiana;

2. Condividendo ritmi, attività, luoghi della vita quotidiana, l’educatore può trasformare quest’ultima in un ambiente più protetto e controllato entro cui il minore può sperimentare nuovi modi di conferire ordine e dotare di senso la realtà.



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